di Ángel Panizo Delgado
Venendo da Pamplona, il Cammino passa accanto alla Fuente Reniega, alle pendici dell’alto del Perdón, dove il diavolo tentó un pellegrino assetato, e dopo che questi rinunciò a rinnegare Dio, la Vergine Maria e l’apostolo San Giacomo, il maligno scomparve avvolto da una nuvola di zolfo; l’apostolo gli si presentò e lo condusse alla fonte, dalla quale cominciò a sgorgare acqua con la quale si dissetò. Proseguendo da lì si giunge a Puente la Reina, sorta attorno al suo famoso e slanciato ponte medievale, infagottata dal calore del pellegrinaggio jacopeo.
Puente la Reina ha tre chiese, delle quali la più famosa è quella del Crocefisso, antica costruzione e hospital dell’Ordine di san Giovanni, nella quale è conservato un impressionante Cristo probabilmente di scuola germanica; vi è poi quella di San Pietro, nella quale è conservata la famosa Virgen del Txori, che un tempo era posta sul ponte, molto venerata in detta città, come tramandato dalla bella leggenda che vede come protagonista un uccellino; ed infine la chiesa monumentale parrocchiale dedicata a San Giacomo, che ospita la rinomata immagine di Santiago Beltza (nero, in basco), caratterizzato dalla barba riccia. Nella facciata di quest’ultima chiesa si nota un dettaglio, una curiosità, difficilmente riconoscibile se non si è un osservatore curioso. Il dettaglio, quasi impercettibile, non è altro che uno dei símboli emblematici che contraddistinguono il pellegrino. In una pietra, posta a destra della cornice esterna dell’arco del frontespizio e a sinistra dell’altra pietra da taglio che presenta una croce trifogliata dentro a un cerchio, si
può osservare una borsa scolpita con lo scalpello, o una scarsella del pellegrino, con la sua immancabile conchiglia e la bretella per poterla portare sulle spalle. E’ ampiamente risaputo che la bisaccia, insieme al bordone, alla conchiglia ed al cappello sono stati, fin dai tempi remoti, i segni identificativi del pellegrino jacopeo. Il valore della bisaccia o scarsella come uno dei símboli del pellegrinaggio ce lo ricorda con gran risalto il Codex Calixtinus, nel Sermone Veneranda dies, laddove viene descritta la solennità con la quale essa veniva consegnata, con una cerimonia rituale, a coloro che intendevano mettersi in cammino per andare in pellegrinaggio verso un luogo santo: Gerusalemme, Roma, Santiago o un altro santuario importante. Dice così il testo omiletico: Nel nome di Nostro Signore Gesù Cristo, ricevi questa bisaccia, attributo del tuo pellegrinaggio affinché, purificato ed emendato, meriti di arrivare presso la tomba di San Giacomo, dove desideri giungere e, compiuto il tuo pellegrinaggio, possa tornare a noi sano e salvo con grande gioia, se così vorrà Dio che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.
Nello stesso testo callistino la bisaccia, altrimenti detta scarsella e tascapane, viene definita come …un sacchetto di piccole dimensioni fatto con la pelle di una bestia morta, sempre aperto in alto. Il fatto che sia di piccole dimensioni significa che il pellegrino, riponendo tutta la sua fiducia nel Signore, deve portare con sé una modica provvista di viveri. Il fatto poi che sia di cuoio o della pelle di una bestia morta significa che il pellegrino deve mortificare la propria carne per abbandonare i vizi con digiuni, penitenze e sofferenze. La mancanza di lacci e il collo sempre aperto vogliono significare che il pellegrino deve essere pronto sia a ricevere le elemosine che a dare aiuto al prossimo.
Le bisacce venivano confezionate con qualsiasi tipo di pelle animale, ma nel Medioevo erano molto considerate quelle di pelle di cervo. A Compostela venivano vendute nelle bancarelle che proliferavano intorno alla cattedrale, la più famosa delle quali era posta nei pressi della porta nord della cattedrale, detta del Paradiso. Qui si poteva trovare di tutto: bisacce di ogni tipo e dimensione, posaceneri, cappelli, mantelline, conchiglie, giaietti, distintivi, medaglie, e quant’altro… Ai pellegrini non doveva mancare un po’ di prudenza, perché tra i mercanti e i venditori ambulanti ve ne erano alcuni senza scrupoli, turlupinatori che ingannavano sulla qualità dei prodotti e altre volte sul prezzo, ed altre ancora, nel cambio della valuta. Per prevenire e punire tali abusi, il potere civile e la Chiesa stabilirono numerose leggi e ordinanze volte a proteggere i pellegrini. Alfonso X, ne Las Partidas, impone ai giudici e agli impiegati pubblici l’obbligo di vigilare affinché non venissero commessi abusi contro la persona del pellegrino. E Alfonso IX, in un privilegio a favore dei pellegrini, detta alcune disposizioni per metterli al riparo da ogni inganno. La Historia Compostelana riporta un decreto redatto dai canonici e dai giudici di Santiago volto ad evitare ogni abuso, inganno o ingiustizia nei confronti del pellegrino. La morfologia delle bisacce o tascapani era molto varia, sia nella forma che nelle dimensioni e nella manifattura. Oggi possiamo apprezzare questi aspetti grazie all’iconografia scultorea e grafica che è giunta fino a noi. Così, possiamo vedere bisacce di grandi dimensioni,
come quelle che portano i pellegrini nei fregi dell’architrave della facciata della cattedrale di Autum. O bisacce di medie dimensioni, come quella che porta sulle spalle il Santiago Pellegrino di Santa Marta de Tera (Fig.3), o quella della cattedrale di Burgos. A volte ne vediamo di più piccole, come quelle della sopracitata chiesa di Puente la Reina, o quella posta sulle
spalle del Santiago di S. Cernin a Pamplona (a sinistra). E non mancano rappresentazioni nelle quali si vedono delle scarselle di piccole dimensioni, simili a portamonete, come quelle che indossano i pellegrini di una delle vignette che illustrano il Codice de Las Cantigas della Biblioteca dell’Escorial (a destra).
Per quanto concerne la forma, troviamo modelli molto vari, che si sono modificati nel corso del tempo. Sono frequenti esemplari di forma quadrata, come quelli che vediamo nelle bisacce indossate dai pellegrini dell’affresco della chiesa del villaggio alavese di Alaiza, o quelli dello stesso codice dell’Escorial. In altre occasioni sono rettangolari e più o
meno spaziose, come quella portata dal Santiago di San Cernin, o come quella scolpita nell’arco che dà accesso alla chiesa di Santiago di Sangüesa. A partire poi dal secolo XV, la bisaccia prende forma trapezoidale con la base più larga della bocca. Normalmente l’apertura era nascosta da un lembo girato, legata con una cordicella ad una fibbia. Era usanza che la bisaccia o scarsella venisse adornata con qualche simbolo o emblema che indicava la destinazione o la provenienza del romero o pellegrino. Cosi, coloro che andavano o tornavano da Gerusalemme, i palmeri, portavano nel tascapane una palma lucente. Coloro che avevano visitato la tomba di San Pietro a Roma, comunemente chiamati romeri, esibivano nella scarsella
una croce. Ne abbiamo un esempio in quella portata da uno dei pellegrini della cattedrale di Autum o quella portata da un pellegrino nel capitello del chiostro della cattedrale di Tudela. Naturalmente, coloro che andavano in pellegrinaggio a Santiago, ( solo si chiamano pellegrini quelli che vanno a Santiago o da lí tornano – afferma Dante), adornavano la bisaccia con la conchiglia, che veniva posta a volte esternamente e a volte nella parte superiore della bisaccia stessa. Così viene ritratto un pellegrino nella cattedrale di Autum, e nelle immagini di Santiago di San Cernin e di Santa Marta de Tera. Curiosamente, nell’immagine di Santiago, nella facciata della chiesa del Santo Sepolcro di Estella, è
rappresentata una scarsella con due conchiglie, una nella parte laterale e l’altra nella parte superiore. Normalmente i pellegrini portavano la bisaccia a penzoloni, fissata ad una bretella o ad un passante di cuoio che scendeva dalla spalla, o la portavano a tracolla sul petto. Questo accessorio è espressamente cesellato nell’esemplare raffigurato a Puente la Reina e nell’arco della chiesa di Santiago a Sangüesa, così come nelle immagini di Santiago che porta la bisaccia a tracolla. A volte il cuoio della bretella era magnificamente lavorato, como si può osservare nel Santiago di Santa Marta de Tera. Compiuto il pellegrinaggio i devoti tornavano contenti alle loro abitazioni, portando nelle loro bisacce diversi ricordi: conchiglie, giaietti, stemmi, medaglie, e quant’altro, e si consideravano gioiosamente fortunati se fossero riusciti a toccare qualche santa reliquia, o più semplicemente a portare a casa qualche medaglia o stemma che aveva toccato il sepolcro o l’immagine di Santiago nella cattedrale compostelana. Nel museo di Cluny a Parígi sono esposti alcuni oggetti di questo genere. Giunti a casa, i pellegrini riponevano i simboli del loro pellegrinaggio in un luogo ben visibile, nel quale sarebbero rimasti fino al termine della loro vita. Dopo di che, alcune volte venivano dati in lascito testamentario ai propri parenti, e altre volte i pellegrini facevano richiesta che venissero inumati insieme a loro, a dimostrazione della loro devozione a Santiago, e come fiducioso salvacondotto per la vita eterna.