di Robert Plotz
A partire dalla seconda metà dell’XI secolo, l’Occidente cristiano ha cominciato a muoversi. A causa di una serie di mutamenti molto profondi che hanno coinvolto tutti i popoli, determinati e resi possibili dalla fine delle invasioni esterne, un numero crescente di uomini, in gruppo o da soli, intorno alla seconda metà dell’XI secolo cominciava ad affollare i cammini. I due secoli che vanno dalla seconda metà dell’XI secolo alla metà del XII secolo rappresentano per l’Occidente un periodo di grande mobilità: guerrieri, commercianti, vagabondi, nobili e chierici, pellegrini e altri gruppi sociali popolavano le strade.È ampiamente noto che nel corso della sua storia l’Occidente ha sempre conosciuto viaggiatori e persone in movimento. Ma agli albori del Medioevo sarebbe stato improprio parlare di una vita turistica nei poco confortevoli sentieri dell’Occidente cristiano. Mancava ancora un elemento decisivo nella rete viaria: il camminante che viaggiava di propria iniziativa. Soldati, commercianti che viaggiano sui loro asini o caricano cavalli, monaci, messaggeri di istituzioni secolari (missi ai tempi di Carlo Magno) ed ecclesiastici (nel 910 Cluny aveva un proprio servizio di messaggeri per garantire un contatto permanente tra la matrix del monastero e le sue molteplici filiae), costituivano la parte principale del popolo del cammino.
Questo panorama cambiò completamente durante l’Alto Medioevo. Il tipo di viaggio più diffuso divenne la peregrinatio ad limina sanctorum, tipica della mobilità di questo tempo, che spinse gente di ogni ceto1 sui sentieri che conducono ai luoghi santi, lungo i quali le loro anime si riempivano di sentimenti religiosi.
Fu in questo periodo anonimo, a partire dagli ultimi decenni del X secolo, che si venne a definire uno specifico habitus perigrinorum, secondo la definizione di Richier de Saint-Rémi, avente come scopo quello di proteggere chi lo indossa, e di mostrare al contempo la finalità religiosa del viaggio. Gli elementi principali dell’attrezzatura peregrinalis sono l’abbigliamento, gli attributi e i signi peregrinationis. La gestazione dell’habitus peregrinorum ha termine nell’XI secolo, parallelamente all’evoluzione della peregrinatio religiosa intesa come peregrinatio por Christo2, nel senso monastico del termine, e del movimento delle masse che venne definito peregrinatio al limina apostolorum o sanctorum. Questo movimento sacro inizia nel X secolo e si impone per la prima volta nell’XI secolo. Per motivi di spazio non affronterò qui il tema della fenomenologia della peregrinatio religiosa, ma mi accontenterò di proporre uno schema generale sullo status peregrinationis e quindi degli elementi distintivi dell’habitus peregrinorum.
Presupposti
Alcune fonti agiografiche citano già nel V secolo gli elementi essenziali dell’habitus perigrinorum. Cassiano nelle sue Collationes dice Sumpto baculo et pera, ut illuc cunctis viam ingrediente monachis moris est, ad civitatem suam nos, id est Panephysim, itineris dux ipse perduxit (Collatio XI)3. Alla fine del XII secolo la Vita Trudoni parla di habitum perigrini e durante la seconda metà del IX secolo il Vita Faronis (Conversio Othgeri) menziona le peregrinationis insignia, ed in particolare il baculus.
Questo potrebbe far ritenere che ci sarebbe stato già un movimento di pellegrini nei primi secoli del Medioevo. Ma i passaggi citati si riferiscono ai monachi scoti4 che hanno invaso il continente europeo dal V al IX secolo, imitando gli anacoreti e considerando la vita come una vita probationis, e infine come una perigrinatio pro Christo alla ricerca della salvezza eterna. Lo stesso San Trudo, già citato, qualifica la sua partenza come examplum Patriarchae Abrahae gerens5. E il bordone, che Guillermo de Malmesbury definì all’inizio del XII secolo solatium itineris6, è sempre stato considerato un elemento essenziale per tutti i viaggiatori di questo tempo. Veniva considerata anche come una reliquia presso i monaci scozzesi e i santi anglosassoni.
Un segno importante del progressivo sviluppo del movimento peregrinalis e della sua accettazione da parte della Chiesa è l’introduzione nella liturgia della benedictio perarum et baculorum che compare per la prima volta nel Pontificale di Maguncia7 intorno all’anno 950.
Il Pellegrino come protagonista storico
Sebbene alcune fonti non forniscano tutti i dati sui nomi dei chierici e dei nobili di alto rango che hanno visitato i luoghi sacri per i più disparati motivi, le fonti letterarie consentono di verificare come e in che modo si sia potuto realizzare il cambiamento concettuale nello sviluppo semantico della parola pellegrino, e come il suo significato terminologico sia mutato sul piano linguistico.
Fino alla prima metà del IX secolo la parola latina peregrinus aveva il significato principale di forestiero, di straniero, di persona che vive in esilio. Fu durante l’Alto Medioevo che si cominciarono ad identificare coloro che si recavano ai luoghi santi con i forestieri che, a vario titolo, si trovavano fuori dalla loro patria. È così che la parola pellegrino assume il suo significato moderno: denominazione molto estesa dell’uomo che per motivi religiosi compie un pellegrinaggio temporaneamente o definitivamente. È nell’antica Gallia christiana che la parola latina peregrinus viene usata per la prima volta con il suo significato attuale, nella Vita di Sant’Alessio, intorno all’anno 1040. La perigrinatio por Christo come principio di vita monastica aveva già perso importanza, sostituita dall’idea di stabilitas loci dei monaci scozzesi.
Il passo successivo sarebbe stato la caratterizzazione del pellegrino come una persona singolare, dotata di attributi e di attrezzature speciali, che gli consentivano di differenziarsi da tutte le altre persone che si trovavano lungo le strade. Questo processo lo si deve essenzialmente al dramma liturgico, che ha rappresentato visivamente e scenograficamente la storia cristiana. I drammi liturgici nacquero intorno all’anno 1100 ed influenzarono immediatamente, con la loro rappresentazione delle immagini viventi, l’immaginario sensibile ed il lavoro artistico del loro tempo. E’ risaputo che un dramma liturgico, l’Ordo prophetatum, sia servito da modello per l’iconografia del Portico della Gloria della cattedrale di Compostela. È altrettanto noto che negli archivi della stessa cattedrale sia conservato un altro dramma che ha come tema la visita della tomba da parte della Vergine. I drammi liturgici del Peregrinus, che rievocavano l’incontro con i discepoli di Emmaus nel secondo giorno di Pasqua, giocano un ruolo decisivo nello sviluppo dell’immagine del pellegrino e della definizione del suo aspetto materiale. In questa rappresentazione, Cristo è raffigurato come un pellegrino.
Alcune definizioni sceniche ci consentono di avere un’idea esatta di come le persone immaginavano l’aspetto del pellegrino. Un manoscritto di Saint-Benoit-sur-Loire (biblioteca della città di Orleans, Ms. 201) ce lo ritrae in questo modo: in similitudine Domini, peram cum longa palma gestans, bene ad modum Peregrini paratus, pillen incapite habens, hacla vestitus et tunica, nudus pedes (simile al Signore, con la bisaccia sulla quale è posto un ramo di palma, vestito alla maniera del pellegrino, con cappello, mantello e tunica, e piedi nudi). Anche i discepoli di Cristo venivano rappresentati come pellegrini. In un officio, conservato a Rouen, della fine del XV secolo, si legge: induti tunica, et desuper cappis transversum, portantes baculos et peras in similitudine Peregrinorum. Et habeant capellos super capita et sint barbati (con indosso una tunica, ed un mantello sopra di essa, portavano bordoni e bisacce. Sulla testa indossano un cappello e sono barbuti). Un altro dramma del XIV secolo caratterizza i pellegrini come segue: habentes habitum vel signum peregrinationis et peregrinorum, videlicet galerum, bordonum et signum in capite, vel manibus seu eorum signum super vestis (indossano l’abito o il segno del pellegrinaggio e dei pellegrini, vale a dire un cappello, un bastone e un distintivo di pellegrinaggio sulla testa o nelle mani, o disegnato sugli abiti). Possiamo quindi concludere che intorno all’anno 1100 si era già definita in modo chiaro e intuitivo una rappresentazione che identificava un pellegrino.
Va notato che i pellegrini non indossavano abiti particolari, ma erano gli attributi o gli stemmi che indossavano al loro ritorno a distinguerli dagli altri viaggiatori. Le prime rappresentazioni conosciute di Cristo ritratto come pellegrino risalgono al primo terzo del XII secolo, e si rifanno al tema del dramma liturgico di Emmaus. Nel salterio inglese di Sant’Albano, Cristo è rappresentato come un pellegrino. In un’altra rappresentazione, su una lastra di marmo di origine ispanica, porta una bisaccia con una croce (Gerusalemme) e un lungo bordone con due pomelli. Nel chiostro di Santo Domingo de Silos, il Signore appare con una grande conchiglia sulla sua bisaccia. Sono note altre rappresentazioni scolpite nello stesso periodo: sul portale bronzeo della cattedrale di Monreale, ad opera di Barisano da Trani, e in epoca di poco posteriore, nella parte settentrionale del chiostro di Saint-Trophime ad Arles. In tutte le rappresentazioni, Cristo indossa una bisaccia con le insegne dei luoghi di pellegrinaggio più famosi dell’epoca: Gerusalemme e Santiago de Compostela.
Fu in questo periodo che la figura del pellegrino iniziò ad essere influenzata da quella dell’apostolo San Giacomo. Diversamente dalla consueta produzione iconografica che rappresenta il santo con gli strumenti del suo martirio, l’immagine di San Giacomo comincia ad identificarsi con quella del pellegrino. Il tradizionale programma iconografico pittorico della Cattedrale di Santiago rappresenta l’apostolo quasi esclusivamente nella similitudine domine, così come i testi del Codice Calixtino avvicinano il più possibile San Giacomo alla figura del Signore. Così, la figura del pellegrino appare tanto nella letteratura quanto nell’arte figurativa. L’arte, come trasformazione concreta di una realtà così evidente quale era il pellegrinaggio, ha fatto dell’anonimo pellegrino il simbolo del movimento di massa rappresentato dal pellegrinaggio. L’arte di questo periodo si ispirava fortemente alle Sacre Scritture e alla vita dei santi. L’incorporazione del motivo del pellegrino anonimo nei canoni classici dell’iconografia applicata rappresenta quindi una vera innovazione. Ritroviamo il pellegrino nel timpano di Saint-Lazare d’Autun (intorno al 1130), nella miniatura di Saint-Maixent (Poitou, 114l), nel Rituale Lambacense (XI secolo), in un capitello del chiostro della Cattedrale di Tudela, in una figura laterale della tomba di San Millan, nella Rioja, (intorno alla metà del XII secolo) e in un rilievo in arenaria della porta meridionale della cattedrale di Friburgo della fine del XII secolo, che rappresenta il prototipo del tema del Santiago coronatio peregrinorum che ancora oggi è conosciuto solo nelle regioni di lingua tedesca.
Anche la letteratura dell’epoca è consapevole del fenomeno pellegrino, verso il quale mostra interesse. Nel sermone Veneranda Die (Liber I, cap. XVII) del testo jacopeo per eccellenza, il Codice Calixtino, troviamo una spiegazione approfondita del significato delle parole bordone e bisaccia, gli attributi costitutivi del pellegrinaggio.
Goffredo di Strasburgo descrive in dettaglio i diversi elementi dell’attrezzatura del pellegrino, nella sua opera Tristan et Yseult (scritta intorno al 1210). Anche il Kaiserchronick (metà del XII secolo) menziona l’equipaggiamento del pellegrino, così come il Renner di Hugo de Trimberg che si riferisce alla conchiglia come intersignum peregrinationis. Per la lingua latina e le lingue romanze, Du Gange fornisce esempi sufficienti nella Dissertazione XV (De l’ecarcelle et du bourdon des pègrins …)
Il XIII secolo ci ha fornito anche un gran numero di rappresentazioni di pellegrini anonimi che, in forma precisa, sono integrati in alcune scene o in una serie di scene: ad esempio, nella Coronatio Peregrinorum già citata, nelle pitture murali della chiesa di Saint-Martin-de-Linz (Renania), o in quelli della chiesa di Saint-Nicolas-de-Mwlln, o i due pellegrini di pietra della chiesa distrutta di Saint-Jacques vicino a Villingen. Quanto al rilievo della chiesa di Saint-Léonard de Franckfort (intorno al 1220), continua a porsi un problema di classificazione.
Allo stesso modo, la figura del pellegrino è integrata nelle sei opere di misericordia, un motivo che compare nell’arte cristiana a partire dal 1150: nel reliquiario di Saint-Ode e di Saint-Georges d’Amay, nelle fonti battesimali in bronzo della cattedrale di Hildesheim (intorno al 1220), nel rosone della Cattedrale di Friburgo (intorno al 1250), nella tomba del vescovo Martin Rodriguez (+1242), nella cattedrale di Léon. Una delle rarissime rappresentazioni particolari di un pellegrino di questo periodo risale alla metà del XII secolo: è la rappresentazione del conte Ludovico, che cavalcava verso Gerusalemme come pellegrino, disegnata in un rilievo del reliquiario di Santa Isabella, a Marbourg (1240-50). Nel XIV secolo il tema artistico del pellegrino continuò ad essere un canone pittorico: in un inventario delle reliquie della Chiesa di San Nicola a Passau, del 1333-40, troviamo il ritratto di Nikolaus Omichi disegnato a penna. Aveva fatto un pellegrinaggio a Roma, in Terra Santa e a Santiago de Compostela, dove perse la vita. La rappresentazione di un monaco pellegrino del monastero danese di Sor ci offre un esempio dell’universalismo pellegrino di questo periodo, con un disegno del suo epitaffio in cui il pellegrino appare con le insegne dei luoghi del suo pellegrinaggio. Troviamo pellegrini nella famosa pala d’altare di Frontanya, che fa parte di una delle rappresentazioni più caratteristiche del miracolo dell’impiccato, nelle notevoli miniature fiamminghe del manoscritto di Guillaume de Digueville intitolato Il pellegrinaggio della vita umana (intorno al 1360), in un manoscritto conservato a Bruxelles, della prima metà del XIV secolo e negli atti costitutivi dell’Hospice du Saint-Esprit di Norimberga (intorno al 1400), ecc.
Il Quattrocento e la prima metà del Cinquecento ci forniscono ancora una volta una notevole quantità di opere d’arte che riprendono, come sempre, i temi classici dell’arte cristiana. Senza addentrarmi troppo in questo periodo, vorrei citare almeno il maestro Alkmaar (1504), la famosa pala d’altare di Indianapolis, il maestro Clervoles, di scuola spagnola, le tavole della pala d’altare del maestro Jakabfalva (Ungheria, intorno al 1480), il dipinto di Jan Wellems de Cock, il cui tema principale è la tentazione di un pellegrino da parte del diavolo, la famosa pala d’altare in legno del maestro Herlin, di Rotemberg, ecc.
Parallelamente a queste magnifiche e particolari opere, ha inizio l’ampia diffusione dei prodotti della nuova tecnica imprenta8. A partire dalla seconda metà del XV secolo, il metodo di riproduzione seriale delle immagini consentì a gran parte della popolazione di avere accesso a un nuovo mondo dell’informazione, in particolare nelle grandi città. E’ impressionante, ad esempio, il fregio di pellegrini che adorna un muro della chiesa di Saint-Jouin de Echebrune a Saintonge, utilizzando la tecnica dei graffiti. Un incunabolo pressato su legno rappresenta la Passio Sancti jacobi e il miracolo dell’impiccato che risale al 1460 circa, e che si trova nel museo germano-romano di Norimberga. Quasi tutti gli artisti si dedicarono a questo nuova tecnica intorno al 1500. A loro dobbiamo gran parte delle rappresentazioni di pellegrini che, a quel tempo, devono già costituire il grosso del traffico europeo. Senza entrare nel vivo dell’argomento, che merita un approfondimento particolare, vorrei almeno citare i nomi di Lucas van Leyden (1508 circa) che ci fornisce informazioni pittoriche sull’habitus peregrinarum, le illustrazioni del Petrarcameister9 (intorno al 1520), e quelle di Hans Burgkmair nella celebre opera di Geiler de Kaysersberg sul pellegrino cristiano che offre un vasto panorama dei preparativi che un pellegrino deve compiere prima di lasciare la sua patria e la sua casa, e che descrive dettagliatamente gli indumenta peregrinorum. Nell’ambito di questo aspetto delle rappresentazioni dedicate ai pellegrini, noteremo l’interessante rappresentazione della virtù della pietas come semplice pellegrina nello Schéma seu speculum principium che, secondo Joannes Stradanus dobbiamo a Rafaël Sadeler I, intorno all’anno 1580.
Prima di passare allo studio cronologico dell’habitus peregrinorum fino al XIX secolo, farò un riassunto, una quintessenza del contenuto per eccellenza di tutte le rappresentazioni citate ed enumerate, in relazione a determinati gradi di sviluppo materiale e in connessione con lo Zeitgeist10.
Studio storico dell’abbigliamento del pellegrino
Inizialmente, il pellegrino non ha abiti caratteristici, indossa degli abiti comuni a tutti i viaggiatori. Gli indumenti essenziali sono:
1. Biancheria intima, in tela, che porta fino ai polpacci.
2. Sopra questa tunica, un indumento della stessa lunghezza, a volte più corto per non intralciare le gambe, con maniche che arrivano fino all’avambraccio, tagliato da un tessuto ruvido e denso. Questo capo può essere anche senza maniche e tagliato ai lati.
3. Cappuccio tagliato in punta, il cui colletto forma una massa che si estende sulle spalle. Su questo cappuccio, i pellegrini indossavano spesso un cappello a tesa larga.
4. Calze che non coprono i piedi.
5. Scarpe. Sebbene molte rappresentazioni di pellegrini ce li mostrino a piedi nudi, la scarpa è sicuramente l’elemento che più preoccupa i pellegrini. Niente di più eloquente su questo argomento sono le disposizioni della confraternita di San Martino d’Astorga, redatte nel XIII secolo, e che recitano quanto segue: todo cofrade que labrarre dia santo que furer de guardare e lo non guardare sin un soldo e medio foras se fure para Romio de camino. Ossia, i calzolai possono lavorare nei giorni festivi senza pagare una multa se lo fanno per i pellegrini. E Hermann Kunig registra nei suoi diari di viaggio che tra San Blas e Roncisvalle c’è un piccolo villaggio dove si fanno chiodi, con i quali i fratelli rinforzano le scarpe; informazioni certamente raccolte da altri pellegrini.
I pellegrini erano vestiti praticamente allo stesso modo. L’indumento indossato sopra la tunica arriva fino ai piedi, e un berretto o un velo con un cappello sostituisce il cappuccio. Gli altri capi di abbigliamento e le scarpe seguono l’evoluzione generale della moda, soprattutto a partire dal XVI secolo, come vedremo più avanti. Le esigenze principali erano la praticità e la resistenza agli agenti atmosferici.
Fu nel XV secolo che gli abiti del pellegrino cambiarono: l’abito esterno fu gradualmente sostituito da un mantello con un cappuccio abbastanza ampio, che copriva il pellegrino fino ai polpacci. Anche il collo del cappuccio si allarga, e il cappello ha tese più larghe e rovesciate per mostrare i distintivi del pellegrinaggio, quasi sempre una conchiglia.
L’habitus peregrinorum mostra gradualmente una certa uniformità, il che non significa che si possano considerare i pellegrini come un gruppo omogeneo. Tutto dipendeva dallo scopo del viaggio o dalle circostanze in cui si trovava il pellegrino, le quali potevano dar luogo a piccoli cambiamenti nel loro abbigliamento.
Attributi
Gli attributi più importanti e caratteristici del pellegrino erano il bordone e la bisaccia. Successivamente furono aggiunte la zucca, una scatola di ferro o di latta per conservare i documenti importanti (casseforti, passaporti, la compostela, ecc.) E il rosario.
1. Il bordone. È un bastone tondeggiante, di lunghezza variabile, generalmente sormontato da un pomello, e provvisto di una base appuntita ricoperta di ferro. Sebbene la lunghezza dei bordoni sia quasi sempre la stessa in tutte le rappresentazioni, la maggior parte di essi superano in altezza le spalle, e persino la testa. Il pomello con il quale termina è generalmente rotondo, e talvolta doppio; A partire dal XV secolo, nelle raffigurazioni compare un gancio che verrà poi utilizzato per appendere la borsa, ed in seguito la zucca. Il Codice Calixtino, nel sermone Veneranda die, afferma che il bordone è essenzialmente il bastone del pellegrino, il quale costituisce una difesa contro lupi e cani, e funge anche da sostegno, venendo in aiuto nei passaggi più difficoltosi del cammino.
2. La bisaccia (pera) rappresenta, secondo lo stesso testo, la generosità dell’elemosina e la mortificazione della carne. La borsa, aggiunge, è una borsa stretta fatta di pelle di un animale morto, con la bocca sempre aperta, e non viene legata con delle corde. In quel periodo erano particolarmente apprezzate le borse di pelle di cervo, che venivano vendute nel Paraiso11, davanti alla porta nord della cattedrale di Santiago de Compostela. I monumenti e i documenti grafici ci mostrano un’ampia varietà di forme e di dimensioni delle bisacce. Quelle dei pellegrini di Santiago portavano sempre la conchiglia, e spesso erano così piccole che servivano più da portamonete che da bisaccia. La bisaccia più comune è rettangolare, e a volte è chiusa con un cinturino o una fibbia.
3. La cassa per i certificati del pellegrino. Anche se l’abbigliamento del pellegrino ha preso forma col passar del tempo, questa cassa fungeva da salvacondotto, in virtù della protezione offerta dalle leggi, e molto spesso, in assenza di ogni altra documentazione, permetteva al pellegrino di accedere all’accoglienza organizzata da ospizi e da conventi, oltre che da quella privata. Il pellegrino, soprattutto dal XIV secolo, era solito viaggiare con altri documenti aggiuntivi, al fine di attestare la natura religiosa del suo viaggio.
4. Il rosario. Dal XIV secolo, il rosario si aggiunge all’equipaggiamento del pellegrino. Non è solo un segno del pellegrinaggio, ma un oggetto di pietà riconosciuto da tutti i cristiani appartenenti alla Chiesa cattolica romana.
Emblemi del pellegrinaggio
Tutti i luoghi santi di una certa importanza avevano il loro emblema di pellegrinaggio, che i pellegrini ricevevano nel santuario scelto come meta, e che poi portavano con sé. Per il pellegrinaggio ad limina Beati Jacobi, la conchiglia è diventata ben presto il simbolo del pellegrinaggio a Santiago de Compostela. E’ molto probabile, perciò, che l’usanza dei pellegrini di Compostela di cucire le capesante sui mantelli, sui cappelli e sulle borse, abbia una lontana origine pagana superstiziosa, simile a quella che avrà in seguito l’azabache12, per via delle influenze orientali. La conchiglia (pectem maximus) compare nell’arte plastica intorno all’anno 1100, e nell’XI secolo il Côdice Calixtino attesta la vendita di crusille piscium id est intersigna Beati Jacobi13 nel già citato paraiso. A partire dal XII secolo, più di mille negozi vendevano questo simbolo a Compostela. Una vetrata nella cattedrale di Friburgo, all’inizio del XVI secolo, raffigura il benefattore Jakob Villinger e sua moglie davanti alla cattedrale di San Giacomo, incoronati dall’apostolo. Sullo sfondo, si vedono dei pellegrini davanti ai negozi che vendono conchiglie ed altri oggetti devozionali. Alla fine del XII secolo si trovavano già conchiglie di piombo o conchiglie fuse in altri metalli, come attesta la Vita di San Tommaso martire del sacerdote Guernes (Garnier) di Point-Sainte-Maxence (1172-1174). Inizialmente, la conchiglia era il distintivo locale del Santuario di Compostela. Poi molto rapidamente, trasformandosi gradualmente il pellegrinaggio in un movimento di massa, la conchiglia divenne l’intersignum di tutti i pellegrini. Alla conchiglia furono aggiunti altri distintivi come si può vedere nelle rappresentazioni artistiche: cordoncini d’osso, posti a coppie su entrambi i lati della conchiglia per decorare la tesa rialzata del cappello, come dicevamo in precedenza. Questa usanza, come si evince da quadri e dipinti, era già praticata nel XV secolo, e si diffuse nel secolo successivo. Ed è in questo secolo che i pellegrini iniziarono a indossare immagini, conchiglie e persino amuleti (higas) di azabache, una moda che si sarebbe diffusa nei due secoli successivi.
L’habitus peregrinorum dal XVI al XIXe secolo
La composizione classica degli elementi dell’habitus peregrinorum non cambia nei secoli successivi. Nei tempi moderni, solo i vestiti si adattano alla moda attuale. Il grande mantello con cappuccio introdotto nel XV secolo sta gradualmente e quasi completamente sostituendo gli indumenti esterni. Il suo ampio colletto diventa un tipico e particolare capo di abbigliamento, la mantellina o la pellegrina o la cappa che rappresentano in modo inequivocabile il pellegrino del XVIII secolo, avendo praticamente il valore di un attributo. In quasi tutte le incisioni e le opere d’arte di questo periodo il pellegrino è decorato con numerose conchiglie. Gli altri capi di abbigliamento seguono l’evoluzione della moda del tempo.
Ci tengo a menzionare brevemente uno sviluppo speciale: durante il periodo di transizione dal XVII al XVIII secolo, la letteratura e le arti si sono appropriati della conchiglia, e di altri attributi del pellegrino, per incorporarli nei romanzi e nella pittura. La Fontaine è uno dei primi autori a utilizzare il tema del pellegrino nel romanzo Le petit chien qui secoue de l’argent et des pierreries, dove un uomo innamorato si traveste da pellegrino per visitare la sua amante. L’uso più spettacolare degli attributi del pellegrino appare nel viaggio o pellegrinaggio a Citera, sul tema delle feste dell’amore, dove la conchiglia recupera il suo antico significato di simbolo di Venere, dea dell’amore fisico. Troviamo questo tema nell’olio su tela di Watteau Pellegrini di Citera, dove personaggi famosi come Luigi XIV, la marchesa di Pompadour e il presidente Mole indossano abiti da pellegrino.
E’ un’immagine espressiva dell’habitus peregrinorum del periodo che va dal XVI al XVIII secolo quella offerta dagli equipaggiamenti originali, ad esempio quello di Jakob VII Trapp, altoatesino, che si recò in Terra Santa nel 1560, o quello di Stéphane III Praun, che andò a Santiago de Compostela nel 1571 e la cui tomba si trova a Lourdes, del XVII secolo, o il colletto di Jean Juillet de la Bourgogne, del XVIII secolo.
Alcuni dei pellegrini che tornavano a casa conservavano abiti, cappelli e bordoni come pio ricordo e come testimonianza dell’ultimo pellegrinaggio finale verso la morte, da presentare ai loro discendenti. Altri li lasciavano in una chiesa come ex voto e come ringraziamento per aver superato indenni i pericoli del viaggio. Coloro che si univano a una confraternita jacopea potevano indossare gli attributi del pellegrino in occasione delle celebrazioni.
Una fonte importante sono gli inventari degli hospitales. In effetti riflettono in modo autentico il modo di vestire della grande massa di pellegrini, nonché i loro attributi e altri complementi. Ecco un esempio tratto dal registro dei pazienti dell’Ospedale dei Re Cattolici di Santiago de Compostela:
6 marzo 1715, entra Jorge Foril, figlio di Matias Foril de Varvora Foril, defunti, di Vispurgo, in Germania. Portava un giubbotto di stoffa azzurra con dei bottoni nel mezzo, un vecchio corpetto di stoffa normale, senza maniche, vecchi pantaloni in pelle, un vecchio cappello nero, vecchi calzini di lana scoloriti, vecchie scarpe di Mosca, un paio di vecchi guanti di lana scoloriti, un portamonete di latta con tutti i lasciapassare, tre pesos e un real d’argento in monete francesi, composti da cinque pezzi i due pesos, e da due mezzi l’altro pesos e da un solo pezzo il real d’argento, e all’interno vi sono un paio di scarpe vecchie, una scatola contenente diciassette rosari di legno nero, una camicia vecchia e strappata, tre pezzi di suola di cuoio nuova ed altri stracci. Partito il 2 aprile 1715.
Nel XIX secolo il movimento europeo dei pellegrini verso la tomba apostolica di Compostela volge al termine. Ma se ne vedono ancora i riflessi, soprattutto nell’arte grafica. Baldwin Cradock, di Londra, pubblicò nel 1820 un’incisione avente come soggetto un pellegrino diretto a Loreto, che indossava un mantello, adornato con quattro conchiglie, un bordone a forma di croce, una zucca e un grande cappello. Un’altra xilografia tedesca dell’anno 1835 raffigura un pellegrino spagnolo nella festa di San Pietro a Roma. Sono presenti tutti gli attributi, con l’aggiunta di una croce nel rosario… Dalla metà del XIX secolo, secondo un articolo anonimo apparso sul Fraser’s Magazine, i pellegrini continuarono a indossare il bordone, la zucca e un mantello corto, decorato con le conchiglie. Alcuni hanno i vestiti stracciati e le facce stanche come uomini che hanno fatto molta strada e camminato per lungo tempo. Il francese Nicolai incontrava ancora il classico pellegrino da Compostela a Saint-Jean-de-Luz nel 1891: Chiedeva la carità una domenica dopo la messa e le conchiglie che gli cospargevano il mantello, la croce di rame che portava al collo…, la sua bisaccia e il bordone con la zucca, suscitavano lo stupore e l’ammirazione dei bambini.
Prospettiva attuale
In questo periodo di transizione tra Ottocento e Novecento, il pellegrino viene percepito come uno straniero, sulle vecchie strade d’Europa che conducono al santuario europeo più visitato di sempre?
In questo pellegrino possiamo veder la rappresentazione del tramonto definitivo di una stirpe storica, che ha percorso tutte le strade d’Europa e che oggi si è ridotta ad essere un’immagine turistica della città di Santiago e dei suoi dintorni, scriveva Vâzquez de Parga esattamente 70 anni fa. Da allora le cose sono cambiate. Il Cammino di Santiago è rinato, e con lui anche il pellegrino.
Appare una nuova infrastruttura, e con lei un nuovo pellegrino che ha sostituito la zucca con la bottiglia di plastica, la bisaccia con lo zaino in fibra artificiale, il mantello con la giacca a vento. Ma è pur sempre un pellegrino, che indossa l’intersignum peregrinalis, la conchiglia, e rivendica la Compostela come prova del suo pellegrinaggio che non sempre risponde ai requisiti di un pellegrinaggio religioso, ma che fa rinascere un po’ dello spirito europeo di sempre.
Note:
1. Ognuno dei quattro ordini che partecipavano alle Corti per Statuto Reale. 2. Per Peregrinatio pro Christo si intende un pellegrinaggio non verso una meta definita, ma labbandono dalla propria terra, in senso abramtico, seguendo le indicazioni ispirate da Dio stesso, senza sapere quindi in partenza quali luoghi si sarebbero attraversati. 3. Prese bastone e bisaccia, com’è costume di tutti i monaci di quel luogo quando si mettono in cammino, e ci guidò a Panefisi, la sua città vescovile. 4. Fondazione monastica benedettina, sorta dopo la morte di san Colombano, costituita da monaci irlandesi, ai quali si deve tra l’altro la colonizzazione della Scozia, i quali si diffusero in Europa, ed in particolare in Germania, dove fondarono il Monastero di san Giacomo a Ratisona, fulcro della loro missione che si protrasse fino al 1862. 5. Seguendo l’esempio del Patriarca Abramo. 6. Conforto del pellegrinaggio. 7. Raccolta di norme e di cerimonie spettanti al vescovo. Il pontificale di Magonza, redatto nell’abbazia benedettina di sant’Albano, fondata dai monaci irlandesi di san Colombano, si diffuse in tutta la Chiesa cattolica. Tra le norme stabilite vi è la benedizione degli attributi dei pellegrini. 8. La stampa artistica, che ha origine nel XIV secolo. 9. Illustratore tedesco, vissuto nella prima meta del XVI secolo che operò ad Augusta, famoso principalmente per le 261 xilografie realizzate per illustrare l’opera di Francesco Petrarca. 10. Col termine Zeitgest si intende lo Spirito del tempo, utilizzando un’espressione adottata nella storiografia filosofica tardo ottocentesca, con la quale si indica la tendenza culturale dominante in un’ epoca storica. 11. La Puerta del paraiso si trovava nella facciata Nord della Cattedrale, attraverso la quale entravano i pellegrini. Il Codice Calixtino del s. XII la descriveva come un’opera in marmo molto elaborata con scene della Genesi che andavano dalla Creazione al Peccato Originale, cercando di evocare a sua volta l’Eden della Bibbia e la Porta del Paradiso di San Pietro del Vaticano. Davanti a questa si trovava la Fons Mirabilis, fonte che oggi si trova nel chiostro, che sorprendeva i pellegrini con la sua canalizzazione d’acqua e dava loro l’opportunità di lavarsi prima di entrare in Cattedrale. Tutto attorno venivano vendute conchiglie, borracce di vino, scarpe, borse in pelle e ogni tipo di erbe medicinali. Vicinissimo si trovavano le case di cambio e l’Ospedale dei Pellegrini. 12. L’azabache è un minerale risalente al Giurassico. Di colore nero, è compatto e liscio. Molto apprezzato, è stato utilizzato come pietra ornamentale sin dai tempi antichi da egizi, fenici, etruschi e romani. Lavorato a mano con lime, scalpelli e torni in Galizia, viene estratto dalle fonti Asturiane. E’ la pietra preziosa tipica di Compostela, apprezzata particolarmente dai pellegrini, divenendo un souvenir ante litteram. 13. Si vendono ai pellegrini le conchiglie, attributi del pellegrinaggio alla tomba di san Giacomo.