Quarto: alloggiare i pellegrini

di don Giulio Colombo

Per quella parte che compete al Cardinale Arcivescovo nella protezione degli orfani specialmente raccomandati da Sagri Canoni anche alla sollecitudine de Vescovi, non può che applaudire alle Materne Cure, che si degna di prendere Sua Maestà l’Augustissima Sovrana per provvedere alla loro cristiana e civile educazione mediante l’erezione di un nuovo orfanotrofio. Ha veduto le regole stese in conformità delle sovrane clementissime intenzioni da Cavaglieridelegati con molta maturità e precisione”. Così cominciava il Promemoria che il cardinale Giuseppe Pozzobonelli fece pervenire nel 1772 al plenipotenziario conte Carlo de Firmian riferendosi al piano di sopprimere i due Ospitali de santi Giacomo e Pietro de pellegrini per formare un nuovo Luogo Pio al fine di costruire e gestire un nuovo orfanotrofio generale in conformità delle sovrane clementissime intenzioni manifestate da Sua Maestà (Maria Teresa d’Austria) nel cesareo reale dispaccio 5 settembre 1768.

E continuava: Una cosa sola gli occorre per debito del suo officio di rilevare in via di semplice avvertenza… Con l’unione de due Ospitali di S. Giacomo e di S. Pietro al nuovo luogo pio viene a mancare totalmente in questa città ogni caritatevole ricovero per i Pellegrini. Il pellegrinaggio era in uso presso i fedeli sino da tempi della primitiva Chiesa. Per questo anticamente presso di quasi tutti i monisteri e delle canoniche de capitoli si riscontrano eretti Ospitali per comodo de Pellegrini come può vedersi presso del Giulini.

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Maria guida i pellegrini

Madrid, monastero dell’Escurial: Maria guida i pellegrini che si recano a Soissons (XI sec.)

Certamente il cardinale Pozzobonelli si riferiva qui alla monumentale opera del conte Giorgio Giulini, Memorie spettanti alla storia, al governo ed alla descrizione della città e campagna di Milano ne’ secoli bassi, nella quale sono illustrate molte i- stituzioni benefiche di assistenza ai pellegrini. L’insigne storico cominciava col citare il Rytmus. in lode della città di Milano che nel secolo VIII affermava pauperes et peregrini satiantur ibidem. Parlando, poi, di un atto dell’853, notava che nella località di Ottavo esisteva un ospizio per i poveri e i pellegrini fondato dal prete Deusdedit col fratello Verullo. E molti altri sono i riferimenti ad analoghe istituzioni segnalate negli 86 libri dell’opera. Naturalmente il Giulini non ignorava i due ‘Ospitali’ di S. Giacomo e di S. Pietro dei Pellegrini, dei quali cominciò a trattare nel libro 69 riferendosi all’anno 1360. Queste istituzioni chiamate ospitali o spedali non erano l’equivalente dei moderni ospedali ma neppure alberghi o semplici locande; si potrebbero invece assimilare alle case del pellegrino, tipo Case Nove dei Francescani in Terra Santa. Istituzioni di questo genere erano quanto mai opportune, se non proprio indispensabili, nei secoli passati, dopo il crollo dell’ordine greco-romano che, come attesta Eusebio di Cesarea nella sua Storia ecclesiastica rendeva possibile un accorrere di pellegrini da regioni lontane e straniere (libro X). Certo non erano normali gli episodi raccapriccianti narrati da Rodolfo il Glabro nel Libro quarto delle sue Storie dell’anno mille, ma ancora nel XVI secolo si presentavano a S. Carlo dei pellegrini che erano stati spogliati di tutto durante il viaggio verso Milano. Era invece normale che dei pellegrini si rivolgessero all’Arcivescovo di Milano per essere aiutati nel loro viaggio di ritorno o verso le tradizionali mète di Terra Santa, di Roma, di Loreto o di Santiago di Compostella. Anche S. Giovanni di Dio, scrivendo da Granada l’8 gennaio 1550, si mostrava preoccupato per le ingenti spese che doveva affrontare per assistere i numerosi poveri, infermi e pellegrini, che giungevano alla casa di Dio che gli gravava sulle spalle.

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L’assistenza ai poveri, infermi e pellegrini, era ed è un impegno che deriva per i cristiani dal preciso comando evangelico richiamato anche dal recente Catechismo Cattolicoin ospitio carentibus hospitandis (2447). La coesistenza di infermi e pellegrini negli hospitalia medievali era frequente e quasi fisiologica, ma vi era pure qualche hospitalis riservato ai soli pellegrini, qual era quello milanese di S. Giacomo, quello di S. Pietro e quello di Treviglio affidato alla confraternita del Santissimo Sacramento, distinto dal più notevole di S. Maria. Anche lo Spedale fondato nel 1039 e affidato ai monaci di S. Simpliciano fuori dalla Porta Comasina di Milano era aperto agli infermi e ai pellegrini, accolti questi ultimi in una struttura propria. Fu appunto una caratteristica delle abbazie benedettine la pratica dell’ospitalità di tradizione classica e biblica recepita nella loro Regola: omnes supervenientes hospites tamquam Christus suscipiantur (c. LIII).

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Si possono individuare dei percorsi favoriti dai pellegrini diretti a Roma, alla Terra Santa e a Compostella, ma anche a Loreto e all’Italia Meridionale (S. Michele sul Gargano…). Tali percorsi possono essere identificati nei probabili tracciati delle antiche strade romane e medie- vali gravitanti sulla città di Milano, lungo le quali spesso si trovavano insediati dei monasteri che erano aperti all’accoglienza dei pellegrini, come pure delle tipiche istituzioni di ospitalità e di assistenza ai viandanti. Un censimento esauriente di queste strutture ospita- li nella diocesi di Milano non mi pare che sia ancora stato fatto. Ne ho presenti solo un paio, e molto parziali. Uno è contenuto in San Benedetto in Portesana, Atti del Convegno celebrativo del IX centenario della fondazione, 23 settembre 1989 col titolo: Ospizi o monasteri lungo la valle dell’Adda (pp. 39-77) dovuto a Mauro Mazzucotelli. L’altro è un lavoro di Giacomo Carlo Bascapè pubblicato nel 1936 a Roma: Per la storia dei pellegrinaggi medievali, gli itinerari dei pellegrini e gli ospizi dell’Ordine di S. Giovanni in Lombardia. Sulla base di questi studi e dopo una prima ricerca archivistica espongo qui di seguito un primo elenco di istituzioni recettive situate lungo le vie romane e medievali. Lungo tutte queste vie sono disseminate delle istituzioni assistenziali per i viandanti e i pellegrini, anzi sono proprio queste istituzioni, o quanto ne resta almeno nella toponomastica, che rivelano l’antico tracciato delle stesse vie. Spesso poi queste testimonianze sono di origine monastica o genericamente ecclesiastica. Per la distribuzione topografica di queste istituzioni ospitali mi sono servito dell’opera di mons. Ambrogio Palestra alla quale ho personalmente collaborato col mio collega Piergiorgio Figini, pubblicata in Archivio Storico Lombardo nel 1980 (anno CIV) e poi in un volumetto rielaborato, dal titolo: Strade romane nella Lombardia Ambrosiana (NED 1984).

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Il punto più settentrionale dell’antica diocesi di Milano è il passo del San Gottardo, al vertice della pieve ambrosiana delle Tre Valli Svizzere: lì c’era la chiesa di S. Gottardo con aedificia pro hospitalitate; in Val di Blenio, sotto il Lucomagno, sopravvive a Corzoneso la chiesetta del monastero che anticamente si chiamava S. Martino hiemalis, hospitale. Dai tre passi alpini del San Gottardo, di S. Giacomo, del Lucomagno (e del San Bernardino da cui si passava venendo da Coira attraverso anche la suggestiva e aspra Via Mala) lungo il Toce e il Ticino i pellegrini potevano raggiungere il Verbano, il Varesotto, il Ceresio e il Lario occidentale. Qui si potevano imboccare le grandi vie che gravitavano su Milano: la Stationa (Angera)-Mediolanum, la Milano-Varese-Ceresio-Monte Ceneri, la Milano-Como, la Milano-Val Assina-Centro Lario, e anche la Via Mercatorum parallela al Ticino verso Pavia. I pellegrini che scendevano dall’Ossola e dal Ticino verso Angera e Sesto Calende, prima di giungervi trovavano un Hospitale Sanctae Mariae a Cannobio e un altro ad Arona. Proseguendo verso Milano trovavano il monastero San Donato di Scozola a Sesto Calende, l’Ospedale di S. Antonio a Gallarate, e un altro presso il santuario della Colorina vicino a Nerviano.

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Milano, Archivio Storico Diocesano: lettera di presentazione di un pellegrino diretto a Santo Giacobo di Galicia (sez. X, S. Tomaso, vol 14)

Chi si dirigeva verso Varese imboccando la Valganna – come fecero purtroppo i santi martiri polacchi Gemolo e Imerio, accompagnatori del loro vescovo che si recava dal Papa, i quali incapparono nei banditi che li derubarono e li uccisero – in città trovavano l’Ospedale di S. Giovanni e la chiesa di S. Giacomo; una chiesa di San Sepolcro c’era a Tradate e una di S. Giacomo a Gerenzano; presso Bollate la località Ospiate ricorda un’istituzione ospitale, a 7 miglia da Milano. La strada da Como a Milano, proveniente dalla sponda occidentale del Lario, è attestata dalla Tabula Peutingeriana. Presso Cantù c’era l’ospedale di S. Antonio e nel borgo il monastero cluniacense fondato nel 1093; presso Seveso c’era il convento domenicano del martire S. Pietro di Verona; a sei miglia da Milano c’era, presso Bruzzano, Ospitaletto, dal chiaro nome ospitale. A Incino-Erba un percorso che veniva dall’Alto Lario per via lacuale approdando a Bellagio e attraversando il Triangolo Lariano mediante la Valassina incrociava una probabile antica pedemontana congiungente Bergamo con Lecco, Como, Varese e il Verbano. La percorribilità di questa antica strada verso Milano venne forse presto impedita dall’impaludamento favorito dal Lambro almeno fino poco a Nord di Agliate; per questo, quindi, sorsero più a Est gli insediamenti monastici di Garbagnate Monastero, Cremella, Lambrugo e Brugora di Besana. A Desio, chiaramente a 10 miglia da Milano, sull’originario tracciato della via Valassina-Milano, sorse, certamente prima del 1141, l’Hospitalis Sancti Georgii aperto anche ai pellegrini. Utili alla via Mercatorum, lungo il Ticino, sono invece da ritenersi i monasteri di Morimondo e di Padregnano.

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I pellegrini che scendavano dalla Valtellina e dallo Spluga e lungo il Lario orientale o la Valsassina raggiungevano Lecco, e qui trovavano la Lecco-Milano. Chi veniva dai passi alpini più orientali trovava non lontano da Trezzo sull’Adda la Bergamo-Milano, e più sotto, presso Treviglio, la Brescia-Milano. Dai passi alpini occidentali, verso Roma o verso Venezia e gli altri porti adriatici verso la Terra Santa, raggiungeva Milano la strada che scendeva da Aosta passando per Ivrea, Vercelli e Novara. Verso l’Adriatico portava anche la Milano-Cremona che lasciava la diocesi di Milano presso l’Adda. Verso Roma partiva la strada che a Piacenza incontrava la via Emilia avendo lasciato il territorio ambrosiano poco prima di Lodi Vecchio. Una strada di circa venti miglia congiungeva Milano con Pavia e lasciava il territorio milanese uscendo dalla pieve di Decimo (ora nel decanato di Lacchiarella). Da Pavia si poteva raggiungere la via Emilia a Piacenza verso Oriente, ma anche la via Postumia proveniente da Genova.

Terra Santa: il cardinale Andrea Carlo Ferrari durante il pellegrinaggio del 1902

Per coloro che provenivano dai passi orientali lombardi stando sulla costa orientale del Lario o percorrendo la Valsassina era possibile trovare ospitalità presso il priorato cluniacense di S. Nicola di Piona – immediatamente prima di entrare nel territorio dio- cesano di Milano –, all’hospitale di Margno e di S. Antonio al Cantello di Concenedo di Barzio in Valsassina, o al monastero di S. Maria Maddalena di Varenna e all’abbazia di S. Pietro di Mandello sulla costa lariana. Vicino a Lecco c’era l’Hospitium Sancti Iacobi; a Olginate il ponte sull’Adda segnava l’incrocio della strada per Milano con l’ipotetica Pedemontana sulla quale si trovava, verso Bergamo, l’abbazia cluniacense di S. Giacomo di Pontida, verso Como, l’abbazia di S. Pietro di Civate; verso Milano, invece, c’era il monastero di S. Maria La Vite di Olginate, Ospedaletto di Valgreghentino e, all’interno, gli insediamenti monastici di S. Nicolao di Figina e di Bernaga di Perego e, lungo l’Adda, S. Colombano di Arlate, Cornate e Portesana. A Monza poi c’erano gli ospizi e ospedali di S. Gerardo, S. Biagio, S. Domenico, S. Lorenzo, S. Fedele, S. Maurizio e S. Agata.

Non conosco insediamenti monastici con relativa istituzione ospitale oltre S. Carpoforo di Vaprio d’Adda, sulla via che congiungeva Bergamo con Milano passando per Pontirolo, per Gorgonzola e per la Statio Argentia. Anche la via che congiungeva Brescia con Milano sfiorando Treviglio e Melzo non risulta particolarmente dotata di superstiti attrezzature ospitali: si ricorda solo l’hospitalis di S. Giorgio di Fara d’Adda e l’Hospitalis Peregrinorum di Treviglio.

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Le tre vie che portavano a Milano da Sud e da Sud-Est congiungendola con Cremona e l’Adriatico, con Lodi e l’Emilia, con Pavia e il Tirreno restano nel territorio milanese solo una decina di miglia e servono egregiamente per puntare rispettivamente sulla Terra Santa, su Roma, su Santiago. Sulla via di Roma si può pensare che si trovasse opportuno l’ospizio di Chignolo Po e quello di Ottavo (cascina Occhiù) a 8 miglia da Milano. La via che uscendo dalla città a Porta Vercellina, la più vicina al Circo e al Palazzo imperiale verso Occidente, portava verso i passi alpini occidentali e la Gallia è una delle più documentate da toponimi stradali (Pilastrello, Quarto Cagnino, Quinto Romano, Settimo Milanese) e da istituzioni recettive quali l’hospitale di S. Giacomo al Restocano, l’Ospedale di S. Maria della Roveda presso Sedriano e, dopo Magenta, non lungi dal Ticino, la canonica di Bernate Ticino che conserva una bella lunetta marmorea con S. Giacomo. Oltre il Ticino coi Vada Trecantina, presso Casale Monferrato, una lontana propaggine della diocesi di Milano – Frassineto Po – a Ovest della Lomellina, aveva l’Hospitale Sanctae Mariae seu Sancti Spiritus.

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Il 14 maggio 1770, da Vienna, a nome di sua Maestà Maria Teresa Imperatrice Apostolica, era stato scritto che si era disposto che per compiacere il Cardinale Arcivescovo (Pozzobonelli) si ritengano nell’orfanotrofio quattro o sei letti per uso e comodo de’ veri pellegrini che fossero per presentarsi al medesimo, purché muniti di tutte le opportune testimoniali. Ma di questa disposizione non appare traccia nel Piano governativo del 1772. L’hospitalis di S. Giacomo con la relativa chiesa venne effettivamente incamerato, venduto e demolito nei primi anni del secolo XIX; non così quello di S. Pietro dei pellegrini, la cui chiesa è ancora visitabile in Corso di Porta Romana, al civico numero 120, in parrocchia di S. Maria al Paradiso, già S. Calimero. Neppure la sollecitudine dell’Arcivescovo di Milano per i pellegrini e i pellegrinaggi si è totalmente estinta. Anzi, si pensi al grande pellegrinaggio che il Beato cardinal Ferrari guidò verso al Terra Santa cent’anni fa. Dal successo di quell’epica impresa nacque il Comitato nazionale Pro Palestina e Lourdes che è ancora in mani ambrosiane. Nella scia luminosa della gloriosa tradizione degli Arcivescovi milanesi, il pellegrino crociato Anselmo IV da Bovisio, il provvido Enrico da Settala che nel 1230 consacrò l’alpestre chiesa dell’Ospizio del San Gottardo, il generoso limosinero San Carlo Borromeo, il premuroso cardinale Pozzobonelli e l’entusiasta pellegrino Beato cardinal Ferrari, zelante… in ospitio carentibus hospitandis.


Logo dei pellegrini del santuario di Santiago de Compostella

 

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