San Pedro de Rates, pietra miliare della tradizione jacopea

di Maurizio Minchella

Il pellegrinaggio a Santiago in terra lusitana ha da sempre avuto un grande fascino nel corso dei secoli, certamente per la bellezza dei luoghi, ma sopratutto per le ricche testimonianze di fede alle quali si poteva attingere in quasi tutti i borghi e i villaggi che popolano la via. La via portoghese veniva chiamata il cammino dei santi e dei poeti, per le numerose reliquie custodite nelle chiese, offerte alla venerazione dei pellegrini, e per l’arte trobadorica, che ebbe origine nelle corti e nelle università di quelle terre, nella quale componimenti sacri e profani si alternavano con misurata passione, in sintonia perfetta con l’anima profonda del popolo lusitano. 

Nella regione di Braga diverse corrispondenze con temi e miracoli celebrati sul Real Camino francese fanno sì che il fascino di questa via sia particolarmente suggestivo. Tra la città di Porto e il Minho i più importanti temi jacopei che più hanno fatto breccia nella fantasia popolare li ritroviamo a Barcelos, la città del gallo, per via del miracolo del tutto simile a quello celebrato a Santo Domingo de la Calzada, e nel vicino Monastero di Vilar de Frades, nel quale si sarebbe ripetuta in modo del tutto sovrapponibile la santa leggenda dell’abate Virila, caduto in estasi per 300 anni nell’udire il canto di un usignolo, prima di fare rientro al suo monastero aragonese di Leyre. 
E nello stesso comprensorio ritroviamo lo stesso Apostolo san Giacomo protagonista di un miracolo che non trova posto tra quelli riportati nel Codex Calixtinus, accreditato però da diverse ed eterogenee fonti. L’Apostolo avrebbe fatto risorgere da morte un profeta morto intorno al VI secolo a.C., nel territorio di Pòvoa de Varzim, il quale sarebbe stato insignito del titolo di primo vescovo di Braga, conosciuto poi col nome di san Pedro de Rates. Un miracolo apocrifo, sorprendente sia per la sua natura che per lo scarso rilievo che ha suscitato al di fuori del territorio di Braga. Eppure è lo stesso Atanasio, discepolo dell’Apostolo e primo vescovo di Saragoza, a rivelare la miracolosa nomina vescovile di san Pedro de Rates, nei frammenti ritrovati in alcune biblioteche monastiche in Aragona e in Sardegna, dal gesuita Bartolomeu André de Olivença nel 1635. Secondo quanto riportato da Atanasio, nell’antica Bracara Augusta vi era un sepolcro di rara bellezza, nel quale si trovava il corpo di un profeta giudeo, il quale aveva guidato il ripiegamento di quanto rimaneva delle dodici tribù d’Israele, costrette da Nabucodonosor alla cattività babilonese, nella penisola iberica ben prima della fondazione di Braga, risalente al 20 a.C. Il suo nome sarebbe stato Samuele il Giovane o Malachia il vecchio, e avrebbe avuto per padre quell’Uria, che re Gioachimo fece decapitare per avergli ribadito le profezie rivolte contro di lui da Geremia. 

Quando, nel 37 san Giacomo andò a predicare nella nuova città lusitana, fu anch’egli attratto dal sepolcro del profeta e operò il miracolo della sua resurrezione che portò alla conversione non solo della popolazione giudaica presente a Braga, ma anche degli abitanti autoctoni della città. Pedro, così venne chiamato il profeta dopo il battesimo impartitogli sa san Giacomo, in onore del primo pontefice designato da Gesù, divenne il primo vescovo di Braga, ma anche di Spagna. In questa città venne eretta la prima chiesa in territorio iberico e venne costituita la prima diocesi. Negli stessi frammenti si racconta della consacrazione alla vergine Maria di un tempio dedicato ad Iside, poco distante dal sepolcro del profeta palestinese, precedente probabilmente l’edificazione della basilica aragonese del Pilar. Braga, di fatto, fu la prima città spagnola ad essere evangelizzata, e forse da qui ha origine l’antica e secolare rivalità con Santiago, che ebbe il suo culmine mille anni più tardi con il pio latrocinio operato nottetempo dal grande, nel bene e nel male, Diego Gelmirez, il primo arcivescovo compostellano, il quale rubò nel corso di una visita di riconciliazione a Braga le reliquie dei santi martiri della città lusitana Fruttuoso, Silvestro, Cucufate e Susanna, riportate a Braga solo ottocento anni più tardi, nella seconda metà del secolo scorso.

I frammenti di Atanasio attestano che nel 47, quando il corpo dell’Apostolo giunse via mare a Padron, ad accogliere le sante spoglie vi fu san Pedro de Rates, il quale officiò i riti della sepoltura di san Giacomo. 

San Pedro evangelizzò la Lusitania e la Galizia, non senza compiere molti miracoli, tra i quali quello per il quale dovette patire il martirio. Si narra che guarì dalla lebbra una giovane principessa, probabilmente figlia del governatore romano di Bracara Augusta. La ragazza e la madre, dopo il miracolo, si convertirono al Cristianesimo e vennero battezzate da san Pedro, la qual cosa suscitò nel padre il subitaneo desiderio di vendetta, che si sarebbe presto abbattuta sul santo. Avvisato del malvagio proposito del governatore, san Pedro si rifugiò nella piccola cappella dove ora sorge la chiesa a lui dedicata. I sicari del governatore raggiunsero il santo e lo decapitarono, facendo poi scempio del luogo di culto, che rasero al suolo. San Pedro de Rates fu il primo martire del nostro continente, e la sua storia dal momento del suo martirio fino al culto definitivo del suo corpo è molto simile a quella dell’Apostolo che lo aveva resuscitato. 

Decapitato come san Giacomo, la sua tomba rimase incustodita e dimenticata da tutti per secoli. Le cronache narrano di un eremita di nome Felix, pescatore di Villa Monde, il quale nel IX secolo vide dall’alto della Sierra de Rates per varie notti nel cielo delle luci che illuminavano un sito ben preciso. Raggiunto quindi il luogo, scavò in quel punto fino a ritrovare i resti del santo. La dinamica e l’epoca del ritrovamento sono assolutamente simili a quelli che videro come protagonista l’eremita Pelayo, anch’egli attratto da luci misteriose che si proiettarono per diverse notti nel Campus Stellae, individuando miracolosamente il luogo nel quale era custodita l’urna contenente i resti di san Giacomo e dei suoi discepoli Teodomiro e Atanasio. 

Nel luogo del martirio venne edificata la chiesa a lui dedicata, nella quale sono stati conservati i suoi resti fino al 17 ottobre 1522, quando il suo corpo venne traslato nella cattedrale di Braga, nella quale si trova tuttora. La chiesa venne ricostruita nell’XI secolo, e di questa struttura rimangono solo alcuni capitelli e qualche vestigia. La pianta e l’architettura attuale sono risalenti al XIII secolo, quando i cluniacensi ne presero possesso per via della donazioni ricevute da parte di Enrico di Borgogna e di Teresa di Leon. L’ordine ne fece un gioiello del romanico, con le sue tre navate dalle dimensioni irregolari, con il falso transetto, il preziosissimo tetto ligneo e il maestoso portale romanico con i suoi cinque archivolti. 

Ma ancor più significativa nell’arte cluniacense è l’iconografia, che ritroviamo in quasi tutte le cattedrali del cammino jacopeo, codificata mirabilmente dai riformatori benedettini, ed incentrata sui motivi essenziali della vita cristiana, l’Eucarestia e i novissimi. L‘Agnus Dei, chiaro riferimento all’Eucarestia, ricorre più volte negli archivolti della chiesa; così come non manca l’escatologia cristiana, raffigurata dai bestiari e dalla rappresentazione dei due san Giovanni, a simboleggiare l’Antico e il Nuovo Testamento che trovano continuità nella figura centrale di Cristo, vittima e giudice al tempo stesso, che si trovano nella facciata orientata a mezzogiorno e nel timpano interno

della porta occidentale. Temi che il pellegrino jacopeo giorno dopo giorno ritrova come fonte di preghiera e di meditazione nelle cattedrali e nelle chiese che visita, fino alla contemplazione finale e definitiva del Portico della Gloria, posto all’ingresso della cattedrale compostelana.

Ma questa terra conosce altri prodigi attribuiti al santo resuscitato. A Balazar, villaggio posto nello stesso comprensorio di Rates, a pochi passi da dove corre il cammino jacopeo, vi è una delle sette fonti, vicine tra loro, fatte scaturire da san Pedro, alla quale sono da sempre attribuite proprietà miracolose. Una pietra porterebbe i segni impressi dalle ginocchia del santo, e nella sua acqua si è bagnato nel corso dei secoli un grande numero di malati, delle cui guarigioni miracolose è rimasta memoria nelle testimonianze raccolte da Padre Carvalho da Costa, parroco del luogo.

Accanto a questa fonte è vissuta una delle più grandi sante e mistiche del Novecento, Alexandrina da Costa (1904-1955), rimasta paralitica quattordicenne dopo essersi buttata dalla finestra della sua stanza per sfuggire ad una violenza. Offertasi a Cristo come vittima per la conversione delle anime, visse in unione mistica con Gesù e con Maria per tutta la vita. Tutti i venerdì rivisse nel corpo e nell’anima la Passione di Nostro Signore vincendo la propria infermità, e a lei si deve la consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria compiuta da papa Pio XII nel 1942. Da quell’anno fino alla sua morte Alexandrina si cibò della sola Eucarestia. Morì il 13 ottobre, anniversario dell’ultima apparizione di Fatima, della cui vicenda fu chiamata ad essere in qualche modo continuatrice. 

In un fazzoletto di terra posto accanto all’Oceano, a metà strada tra Porto e Braga, i pellegrini jacopei ritrovano inverata la speranza cristiana, annunciata nelll’Antico Testamento dal profeta resuscitato da san Giacomo, per poi rinascere in paradiso morendo da martire, ad Alexandrina da Costa, testimone della fede nel nostro tempo. E forse ritrovano anche scolpito nella pietra il senso del suo pellegrinare, reso vivo dalle parole incise sulla tomba della santa: Peccatori, se le ceneri del mio corpo possono essere utili per salvarvi, avvicinatevi, passatevi sopra, calpestatele fino a che spariscano. Ma non peccate più; non offendete più il nostro Gesù!

Come gli eremiti Felix e Pelayo, anche il pellegrino che cammina verso Compostela può riconoscere delle luci misteriose, inattese quanto perentorie; luci che lo chiamano, lo invitano a fermarsi e che mirabilmente, infine, gli rivelano il luogo in cui è nascosto il tesoro che sta cercando. Solo così Santiago diventa, non la fine o l’arrivo del cammino, ma la meta del suo incessante pellegrinaggio.

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