di Jesús María Aínsua
Nella città di Frómista nasce il nostro San Telmo. Uno dei biografi del santo, Lorenzo Galmés, ci dice quanto segue: Tra le famiglie di illustre prosapia e di antica nobiltà, che nella seconda metà del XII secolo avevano dimora tra le vecchie mura di Frómista, dobbiamo menzionare la casa del Gundisalvi, o detto in volgare, la famiglia dei discendenti di González… Si dice anche che, da parte di madre, discendeva dalla stirpe dei re di Castilla y Leon.
Negli anni in cui nasce il nostro santo, Frómista era una città prospera e aveva diverse chiese e eremi; tra questi spicca quella di San Martín, la prima chiesa documentata nel 1066, ma che, a quanto sembra, non è la più antica del villaggio.
Contemporaneamente a questa sono state costruite altre quattro chiese e cinque eremi. Uno di questi, dedicato a Santiago, del quale non vi è più traccia, era anche la Cappella dell’ospedale che porta lo stesso nome. Il più antico degli eremi è del 1177.
Non si conosce la data esatta della nascita di San Telmo, e anche se la biografia scritta da Sampayo e utilizzata dai Bolandos, la colloca intorno al 1190, Juan de Rehac la fa risalire al 1180.
In tenera età si trasferì a Palencia dove intraprese gli studi nella scuola della cattedrale; ed essendo destinato alla vita ecclesiale, dovette seguire una preparazione rigorosa. Negli anni in cui Pedro stava studiando, a Palencia vennero fondati gli Estudios Generales (1208), precursori delle moderne università.
In quegli anni Palencia brulicava di attività, per la novità che presupponeva l’arrivo degli stranieri venuti a studiare nei loro Estudios Generales, istituiti da poco; questi, insieme ai menestrelli e ai trovatori, hanno reso la città particolarmente viva.
Poco dopo essere stato ordinato sacerdote era già un canonico della cattedrale, e non era passato neanche un anno quando si rese vacante il soglio più importante della chiesa di Palencia: quello del Deán (priore del capitolo).
Chiesa di san Pedro – Fromista
Lo zio di Pedro, vescovo di Palencia, propose a Papa Onorio di assegnare a Pedro la carica di deán, che gli venne concessa. Il giovane, insignito di un così alto ufficio, e con la prospettiva di una vita piena di feste e di onori, celebrò la nomina come consuetudine. Il giorno di Natale organizzò un’imponente parata, che si snodava dalla cattedrale alla Calle Mayor (oggi Mayor antigua), accompagnata da canonici ed ecclesiastici. Tutti i Palentini ammiravano il nuovo deàn, che montava un brioso destriero, elegantemente vestito, e che, secondo Lorenzo Galmés, non aveva alcun tratto caratteristico di un ecclesiastico; tutti gli ornamenti erano quelli tipici di un secolare, di un secolare particolarmente dissipato.
Nei pressi della cattedrale, Pedro, volendo ostentare l’abilità del suo cavallo, nonché la sua perizia di cavaliere, lo sprona con gli speroni: il destriero si impenna e scivola facendo cadere immediatamente il cavaliere a terra, lasciandolo con i suoi vestiti cosparsi di fango, tra le risate e lo scherno che salivano da parte di coloro che fino a poco prima lo avevano applaudito.
Di fronte a tale vergognosa umiliazione, si mise a meditare sull’effimero della gloria mondana e sull’orgoglio col quale aveva convissuto fino ad allora; cominciò a pensare alla possibilità di rinunciare all’incarico di deàn e a tutte le sue prebende, e così fece, chiedendo di essere ammesso all’ordine dei Domenicani di Palencia, nel convento fondato nel 1219 certamente dallo stesso Santo Domenico di Guzmán (che era stato studente degli Estudios Generales di Palencia, alcuni anni prima di Pedro).
Il popolo palentino non ha dimenticato questo episodio e, nel luogo nel quale Pedro e le sue ossa finirono a terra, ha eretto un’edicola, anche se – così vanno le cose della vita – al suo interno non vi è un’immagine di San Telmo, ma quella di San Pietro Apostolo. Il posto venne chiamato – e così si chiama ancora oggi – San Pedro.
Questo nuovo domenicano andava predicando in Castiglia e in Andalusia. Quando si trovava in questa terra in qualità di cappellano delle truppe del re Ferdinando III il Santo, si racconta di come alcuni soldati, che volevano farsi beffe di Pedro, mandarono nella sua tenda una donna di facili costumi; Pedro si sdraiò sui carboni ardenti e invitò la donna a condividere il letto con lui. E’ certo che la donna fuggì terrorizzata, ma non senza aver prima confessato la macchinazione, dopodiché lui si alzò dalle braci ardenti senza riportare alcun segno di bruciatura.
Alcuni dei suoi biografi non esitano a confermare che egli ebbe parte alla conquista di Cordoba (1236); è stato anche scritto che fu presente anche a quella di Siviglia (1248) così come è riportato negli Annali ecclesiastici secolari della città di Siviglia (1677); ma questo dato storico appare falso in quanto questa data è posteriore all’anno attribuito alla sua morte dal vecchio martirologio della chiesa di Tui (1246).
Dopo la conquista di Cordoba torna in Castiglia per riprendere poi la predicazione nelle terre di Galizia. Successivamente viene inviato a Santiago de Compostela, presso il convento di Santa María de Bonaval, che in seguito verrà dedicato a Santo Domenico, e da qui partirà per predicare nella zona di Tuy.
La sua fama crebbe rapidamente, in special modo tra i marinai e i pescatori, presso i quali la sua predicazione mise subito radici. Si racconta che una volta, mentre stava predicando dal ponte di Ramallosa, sul Miño, che lui stesso aveva costruito, si sollevò una terribile tempesta. Davanti alla folla impaurita, San Telmo compie un miracolo: la tempesta si divide in due e lascia asciutto lo spazio occupato dagli astanti, mentre il resto della regione viene devastato.
In un altra delle sue predicazioni, quando si trovava a Castrello, un villaggio della diocesi di Ourense, gli venne riferito che vi era bisogno di un ponte che unisse le due sponde del Miño. San Telmo cercò ovunque i denari necessari, ma la sua raccolta non ebbe molto successo. Nonostante ciò il ponte venne costruito ed è sopravvissuto fino ai nostri giorni. Nel periodo nel quale fervevano i lavori per il ponte, in alcuni giorni il cibo scarseggiava, e si racconta che San Telmo, insieme a un altro padre che lo accompagnava nella predicazione, Pedro Martinez, si portò sulle sponde del fiume ed immediatamente i pesci saltarono nei loro cesti per servire da alimento per la popolazione. San Telmo prese quelli di cui aveva bisogno e lasciò liberi tutti gli altri, e questi tornarono in acqua solo dopo aver ricevuto la benedizione del santo.
Furono molti i villaggi che ha attraversato tra il fiume Miño e il Duero, quando scelse come alloggio l’hospital di Guimaraes. E’ di questo periodo il miracolo che vede San Telmo, impossibilitato ad attraversare il Miño per mancanza di barche, porre il proprio mantello sopra le acque; salito su di esso, attraversò il fiume. Giunto quindi sulla sponda opposta, riprese il mantello che era rimasto asciutto, come se non fosse mai stato in acqua.
Il miracolo dal quale deriva il suo patrocinio verso i marinai è, come sembra, il seguente: alcuni marinai di una compagnia portoghese si presentarono ai capi dell’esercito del re San Fernando chiedendo di frate Pedro González, cappellano di quelle truppe, dicendo che li aveva salvati da una impressionante tempesta come mai avevano affrontato prima di allora. Lo avevano visto sulla loro nave (carica di viveri per le truppe del re), con il suo abito domenicano, ed erano certi che fosse Frate Pedro.
Un altro miracolo comprovato, e che venne sottoposto alla Congregazione romana per sostenere la santità del Servo di Dio, fa riferimento ad un marinaio che si trovava sull’albero di maestra della sua nave allorché sopraggiunse una tempesta che lo gettò in mare. Questi si raccomandò a San Pedro González, il quale si fece presente
e, tendendogli la mano, lo fece risalire di nuovo sulla barca.
Nel sentirsi vicino alla morte mentre si trovava nel monastero di Persecario, si dirige a Tuy, dove predica la Settimana Santa, per giungere quindi a Santiago de Compostela, al cui convento apparteneva. A soli cinque chilometri da Tuy si sente male e capisce che è volontà di Dio farlo morire a Tuy, dove ritorna. Ma, non essendovi lì un convento dei Domenicani, alloggia presso la casa di un buon amico, al quale in punto di morte (1246) dice: Io sono povero e bisognoso, e non ho denari per poter pagare, ma in ricordo del mio spirito riconoscente, ti lascio questo cintura. Questo brav’uomo, qualche tempo dopo consegnò la cintura alla cattedrale, insieme al bordone, affinché i fedeli potessero venerare quegli oggetti sacri.
Tale era la fama di San Telmo e dei suoi miracoli che nel 1258 il vescovo di Tuy, Don Gil, fece scrivere una relazione su di essi, da inviare al Capitolo Generale dell’Ordine dei Predicatori che si trovava riunito a Tolosa, nella quale vennero raccolti 126 episodi, debitamente testimoniati. Tra questi vi sono le guarigioni di 6 lebbrosi, di 20 ciechi, di 12 sordi, di 4 muti e di 12 paralitici, oltre al salvataggio di alcuni navi prossime ad essere affondate.
I marinai, in considerazione delle grazie ricevute, decisero di nominarlo come loro patrono ed avvocato contro le tempeste e le burrasche del mare. Forse il riferimento più antico che relaziona Fra Pedro González al fuoco di San Telmo è quello raccolto da Ruy González di Clavijo, al largo delle coste della Sicilia. Durante una spaventosa tempesta, nel luglio 1403, si racconta che furono visti diversi fuochi sugli alberi della barca. L’intero equipaggio ne è stato testimone, e la cosa più interessante è la spiegazione che ne hanno dato: Queste luci che si sono accese all’improvviso erano opera di Frate Pedro Gonçález di Tui, al quale ci eravamo affidati...
Il nome di San Telmo gli viene attribuito circa trecento anni dopo la sua morte; e deriva da Sant’Erasmo, vescovo di Antiochia nel IV secolo, che fu il primo protettore dei naviganti italiani, e precisamente da quando l’Arcivescovo Gelmírez di Santiago fece arrivare da Genova e da Pisa marinai e costruttori di barche, che avevano come patrono Sant’Erasmo. Da allora, i marinai galiziani, il cui patrono era San Pedro González, cominciarono ad invocarlo col nome di Sant’Ermo, divenuto poi Sant’Elmo; il santo più prossimo a loro era San Pedro González, e il nome gli venne cambiato alla fine con quello di San Telmo, cancellando quello di Sant’Erasmo.
Papa Innocenzo IV lo ha beatificato nel 1252, ed essendo in seguito sorti dei dubbi sulla sua canonizzazione, questa venne confermata da Papa Benedetto XIV nell’anno 1741.
Il 22 gennaio 1651 papa Urbano VIII proclamò San Telmo patrono della città di Frómista. Alcuni anni dopo, il 19 ottobre, 1742, vengono portate a Frómista alcune reliquie di San Telmo, che vengono ricevute all’alba dai suoi abitanti e da quelli dei villaggi circostanti.
A Frómista vi è la Confraternita di San Telmo, che celebra la sua festa una settimana dopo la Pasqua di Resurrezione. Questa Confraternita venne fondata il 19 aprile 1819. In precedenza, come abbiamo visto, ve ne era una dedicata allo stesso patrono, e che possedeva un hospital. Il giorno della festa, la prima cosa che fanno i confratelli è andare a casa dell’Intendente del Re per uno spuntino, poi lo accompagnano a depositare el Vítor (una croce con l’immagine del santo) nella chiesa di San Pedro.
La domenica sera viene organizzata una processione, alla quale non partecipano i preti, e l’unico simbolo religioso presente è il Vítor: Viene chiamata la Processione civica del Ole e si svolge tra la chiesa di San Pedro e la casa in cui si suppone che sia nato il santo. Durante il tragitto il popolo brandisce bastoni, fendenti e mazze, gridando Ole, ole! e questo non è ole! Saltano e ballano, sempre davanti al Vítor. Raggiunta la casa del Santo, attraverso una piccola finestra, una persona (che riceve l’appellativo di Chiborra) pronuncia un discorso satirico-burlesco. Il giorno successivo viene celebrata una santa messa e si svolge una processione religiosa in onore del patrono.