Alle prime luci del giorno, appena furono aperte le paratoie, i cinque pellegrini giunsero davanti al portale di Jaca. Avevano trascorso la notte nel pagliaio dell’ermita della Maddalena, a San Adrián de Vadoluengo, una sorta di avamposto di cui Sanguesa dispone sul confine di Aragona.
L’eremita di San Adrián e sua moglie erano cristiani dal cuore grande: lasciavano il fienile sempre aperto per i mendicanti e per i viandanti, e al crepuscolo, prima di spegnere la lampada, offrivano loro delle robuste fette di pane, cosparse di olio e di aglio.
I cinque pellegrini erano giunti in allegria, cantando nella loro lingua umbra così dolce e armoniosa, delle lodi al Padre celeste, che ispira nel cuore della sue creature. sentimenti di profonda carità.
I cinque vestono, allo stesso modo, dei sai di buratto o di lana caprina grigia, stretti al fianco da una corda che li lascia scivolare piuttosto alti, per permettere loro di camminare meglio, con le conchiglie cucite nella schiavina, e sulle spalle dei cappucci che li proteggono dalla pioggia e dalle intemperie del cammino. Essendo la lana molto ruvida, a tutti vi si erano impigliati non pochi fili d’erba del pagliaio che, senza volerlo, si portavano come ricordo.
Sono cinque i compagni pellegrini, ma uno li supera tutti e sembra che non tocchi il suolo; solo occhi e respiro nelle sue guance macilente, incorniciate da una barbetta curata.
Al primo raggio di sole i cinque pellegrini fanno il loro ingresso nel calle mayor. Sanguesa è una bella città turrita, che ancora oggi ostenta strade e casali da quando, non più di cento anni fa, il Re Alfonso I la fondò sulle sponde dell’Aragon. E lungo il calle mayor, ampio e rettilineo, contornato a destra e a sinistra di case di pietra alte e strette, passano, in un incessante fluire, i pellegrini che vanno a Santiago de Compostela, provenienti dai regni cristiani del Sud, dal Ponto Egeo e dalle sue isole tenebrose, dalla Bitinia, dalla Cappadocia, da Trebisonda e da tutti i domini dell’impero bizantino che si estendono fino alle coste del mar Tirreno, infestate da delfini e da draghi marini che causano grandi stragi tra i naviganti. Tutti valicano i Pirenei passando per Santa Cristina di Somport, il bell’hospital tra le nevi, e da Jaca discendono verso le pianure, alle quali Sanguesa apre le sue porte.
A quest’ora mattutina, sono ancora accesi i lumi ad olio dei due ospedaletti che si annunciano al viandante, con la loro tazza simile a quella dei barbieri, posta sull’architrave. Il calle mayor è ancora deserto. Solo sulla porta del Maggiorasco si affaccia una donna con una scopa, e appena scorge le conchiglie dei pellegrini, si fa devotamente il segno della Croce e grida loro: Herru Santiagu!, l’antico grido che in quei giorni risuonava in tutti i cammini d’Europa.
I cinque pellegrini camminano con passo leggero, e giunti al termine della strada, accanto al ponte, si inginocchiano davanti al bel portico della chiesa di santa Maria. Sebbene fosse completamente coperto dai ponteggi dei muratori che stavano innalzando la torre, riuscirono a contemplare la Signora, tra il coro degli Apostoli e il Divino Redentore, Suo figlio, con la mano destra alzata, nella scena del Giudizio universale. Con il volto a terra biascicano: Ti adoriamo, santissimo signor Gesù Cristo, qui e in tutte le chiese della terra, perché con la Tua santa Croce hai redento il mondo.
Si è ormai alzato il cancello del ponte e passano davanti a loro alcuni ortolani mattinieri, montando i loro asinelli, che giungono dai loro tratturi.
Il mattino si alza luminoso nei cieli quasi bianchi di pura luce accecante. Luccicano d’oro vivo le acque del fiume dividendosi sotto le cinque arcate del ponte. Cantano gli usignoli nascosti tra le fronde lungo le rive. E nel vedere tanta bellezza il pellegrino dentro di sé grida, più che recitare, con la sua voce affabile – affabile, ma ardente – Lodato sii, mio Signore, per il sole splendente che illumina e dà inizio al giorno, e lodata sii anche per sorella acqua, che è pura, casta e preziosa, e umile…!
Passato il ponte, passarono sull’altra sponda, dove tra pioppi e betulle, su una dolce pendenza erbosa, si stagliava il convento dei padri Carmelitani, piccolo, calcinato e ridente come una fattoria.
Il Padre Priore, che aveva appena terminato di celebrare la messa cantata dell’alba, li accolse a braccia aperte. Diede ordine ai due dei suoi laici di lavare loro i piedi con acqua calda cosparsa di aceto e sale, di rimetterli in sesto come nuovi, e disse loro: nelle nostre case ci alziamo molto presto per offrire le primizie del giorno a nostra Madre e Signora, santa Maria del Monte Carmelo. E così tutto è ordinato in modo che prima di mezzogiorno i frati lascino gli orti e ci ritroviamo nel refettorio. E non andrete via da qui, cari pellegrini, senza aver partecipato alla vigilia insieme a noi.
Noi carmelitani di stretta osservanza non ci nutriamo di carne animale dal giorno in cui non ci istituì il nostro santissimo Padre, il profeta Elia. Ma proprio qui, alle spalle della nostra casa, abbiamo un orto che dà tutto l’anno una lattuga che nemmeno l’Imperatore ne mangia di più tenera e pastosa. E così, condite con una spruzzata di olio e aceto, e con una guarnizione di fiori di cipolla, sono una prelibatezza.
Arrivata l’ora, tutti si sedettero obbedienti a tavola. E dopo l’insalata vennero servite delle spigole appena pescate nella corrente del fiume, grazie alla nassa del fratello refettorista, fra Fortùn, e che, sebbene si osservasse la vigilia, erano molto delicati. E al termine diede ad ognuno di loro, per il cammino, una razione di formaggio di capra che mai mancava in convento, fornite due volte all’anno, a carnevale e alla vendemmia, dai caprai di Rocaforte, in cambio dei suffragi per i loro defunti.
Quando la campanella del padre Priore risuonò, i cinque pellegrini erano ben rifocillati, e tutti si alzarono da tavola. Ma uno di loro, appena assaggiato il primo boccone, alzate le mani diafane, sospirò con una debole voce che sembrava giungere da altri mondi: Ti ringraziamo, Santissima Trinità, per questi beni che ci hai elargito e ti chiediamo che gli inestimabili tesori della tua grazia siano riversati ora e sempre su questa comunità e sul convento dei Padri Carmelitani, che ci hanno accolto con tanto amore.
Prima di partire il padre Priore li invitò ad imprimere i loro nomi nel registro del convento. Nell’ordine erano questi:
Un testo decisamente utile per comprendere il senso del pellegrinaggio a Santiago di Compostela Con la prefazione di don Luigi Bonarrigo, cappellano del Capitolo Lombardo.
Perché il pellegrinaggio a piedi? di don Luigi Bonarrigo
5° Pellegrinaggio notturno a Caravaggio 19/20 maggio 2023
Pellegrinaggio a Caravaggio 23/24 maggio 2020
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