Domenica 25 settembre
Un grave incidente automobilistico nel 1987, un calvario durato decenni, costellato da 17 interventi chirurgici, ed un nervo sciatico reciso all’anca; un piede paralizzato ed infine una gamba amputata nel 2018. Questa è in sintesi la storia del 57enne francese Hervé de Lantivy, che l’8 marzo ha intrapreso il Cammino di Santiago, partendo dalla nativa Bretagna. E lo ha fatto proprio nel bel mezzo dell’anno santo jacopeo. Continua a leggere
di Cristina Campo
Per grazia di Dio sono uomo e cristiano, per azioni grande peccatore, per vocazione pellegrino della specie più misera, errante di luogo in luogo. I miei beni terrestri sono una bisaccia sul dorso con un po’ di pan secco e, nella tasca interna del camiciotto, la Sacra Bibbia. Null’altro.
Questa apertura, tra le più ammalianti della letteratura di ogni paese – comparabile a quella dell’Amleto o della Storia del facchino di Bagdad – inaugura insieme un grande trattato spirituale, un romanzo picaresco, un risplendente poema russo e una fiaba classica. Nel misterioso testo anonimo trascritto sull’Athos dall’abate Paissy del monastero di S. Michele Arcangelo dei Ceremissi presso Kazan’ Continua a leggere
di Robert Plotz
A partire dalla seconda metà dell’XI secolo, l’Occidente cristiano ha cominciato a muoversi. A causa di una serie di mutamenti molto profondi che hanno coinvolto tutti i popoli, determinati e resi possibili dalla fine delle invasioni esterne, un numero crescente di uomini, in gruppo o da soli, intorno alla seconda metà dell’XI secolo cominciava ad affollare i cammini. I due secoli che vanno dalla seconda metà dell’XI secolo alla metà del XII secolo rappresentano per l’Occidente un periodo di grande mobilità: guerrieri, commercianti, vagabondi, nobili e chierici, pellegrini e altri gruppi sociali popolavano le strade. Continua a leggere
di Giovanni Breschi
Adattamento dei primi due capitoli della Storia di sant’Atto, vescovo di Pistoia (Malachia Toni, Pistoia, 1855)
L’ARRIVO DI S. ATTO IN ITALIA, NEL 1109.
Hospes eram et collegistis me (Mt. 25, 35). Ero pellegrino e mi hai ospitato.
Tutti gli ospiti che giungono in monastero siano ricevuti come Cristo, poiché un giorno egli dirà: Sono stato ospite e mi avete accolto e a tutti si renda il debito onore, ma in modo particolare ai nostri confratelli e ai pellegrini. Regola del Padre san Benedetto professata dalla congregazione di Vallombrosa. Cap. 53.
Valicata la ripida giogaia dell’Appennino che s’interpone tra la valle casentinese e la stretta gola che costeggiando l’Arno conduce a Firenze, un pellegrino giungeva un giorno all’eremo di Vallombrosa1. La veste scura e talare, i capelli recisi a forma di corona, il segno della nostra redenzione pendente dal collo2 ed il breviario stretto sotto il braccio lo fecero riconoscere come sacerdote; i lineamenti pronunciati del volto bruno e consunto, gli occhi neri e vivaci, sebbene dolcemente modesti, facevano escludere che fosse italiano, e molto probabilmente originario delle regioni meridionali dell’Europa, dove i caldi soli e le relazioni frequenti colla razza mora imprimono nella fisionomia del popolo qualche aspetto del tipo africano, come avviene nella penisola iberica; il bordone poi che impugnava colla destra e le conchiglie cucite sul petto attestavano che avesse già visitato la tomba di S. Giacomo a Compostella e le tombe apostoliche di Roma. Continua a leggere
di Paolo Gulisano Il numero della rivista letteraria inglese Time and Tide del 3 dicembre 1955 presentava un contributo straordinario: un breve poema di 132 versi il cui autore era John Ronald Tolkien. Da poco si era conclusa la pubblicazione del Signore degli Anelli, uscito – per scelta dell’Editore – in tre parti distinte, e con il Ritorno del Re i lettori inglesi avevano ora in mano l’opus magnum tolkieniano. Era iniziato il cammino di uno straordinario successo per lo scrittore delle Midlands. Continua a leggere
di Marcel Proust
Traduzione di Cristina Campo1
Riproponiamo questo saggio di Marcel Proust, oggi attuale più che mai.
Questo studio di Marcel Proust apparve nel Figaro del 16 agosto 1904, in occasione della legge di separazione della Chiesa dallo Stato francese2, che prevedeva fra l’altro l’abolizione dei luoghi di culto, l’inventario di tutti i beni della Chiesa di Francia, l’istituzione delle cultuali pena la confisca di quegli stessi beni da parte dello Stato, la polizia dei culti, ecc. Legge che, come è noto, fu occasione di vittoria spirituale da parte dell’episcopato francese, obbediente all’ordine di San Pio X: lasciarsi spogliare serbando, in povertà assoluta, il mandato pastorale. Oggi che senza alcuna pressione da parte di governi laici si ode parlare negli stessi ambienti ecclesiastici di sacrificio necessario delle cattedrali e del canto gregoriano sembra opportuno rileggere la sottile, sferzante, appassionata perorazione di Proust in difesa dell’immenso tesoro di cui s’è nutrita per secoli – con la fede cristiana – tutta la grande arte di Occidente, e che non è facile comprendere a chi o a che cosa voglia oggi essere immolato [N.d.T.] Continua a leggere
A Pasqua le campane si sciolgono a festa. Il loro suono quest’anno ci giunge lontano. Le strade e i cammini sono deserti. Ma da qualche finestra aperta possiamo ancora ascoltare il loro concerto. La tecnologia ci aiuta ad ascoltare virtualmente anche quello delle chiese dei luoghi cari ai pellegrini. Non potendo camminare all’ombra dei campanili, proviamo a fare questo insolito pellegrinaggio insieme ad Arthur Rimbaud:
Ho teso corde da campanile a campanile,
ghirlande da finestra a finestra,
catene d’oro da stella a stella,
e danzo.