di Mathieu Orsini1
Sulla via Podense, dopo Figeac il pellegrino era ed è solito fare una breve deviazione per raggiungere un sito significativo almeno quanto quello di partenza, Le Puy en Velay, posto nel cuore della più importante via in terra di Francia che conduce a Santiago di Compostela.
Il pellegrinaggio a Nostra Signora di Rocamadour, a poca distanza da Cahors, si trova nella parte più arida e montuosa del Quercy. Un santo, che una tradizione locale, nata senza alcun fondamento2, identifica nello Zaccheo del Vangelo, intorno al III secolo penetrò in un labirinto di rocce che innalzavano le loro alte creste sopra un burrone stretto e profondo in fondo al quale corrono le acque del Lauzou; questa gola, che oggi è conosciuta come la valle di Rocamadour, veniva chiamata allora la valle tenebrosa, nella quale abbondavano gli animali selvatici.
Questo paesaggio, malinconico, ma non privo di grandiosità, che ricordava quello della Tebaide, aveva senza dubbio qualche analogia con i pensieri profondi e austeri dell’anacoreta; questi si costruì una cella su uno dei picchi prominenti della montagna, e scavò nella roccia, all’altezza dei nidi delle aquile, un oratorio alla Madre di Dio, Nostra Signora di Rocamadour. La popolazione gallico-romana delle belle vallate di Figeac e Saint-Céré, che a volte lo intravedevano da lontano sulla scarpata di queste montagne brulle e selvagge, la cui altezza fa venire le vertigini, gli affibbiò il soprannome di Amator Rupis (colui che ama la roccia); questo nome, l’unico che è giunto fino a noi, è divenuto poi Amador, e quindi Amadour, più conforme al genio del dialetto meridionale.
La piccola statua della Beata Vergine, Nostra Signora di Rocamadour, simile a quella che i nuovi cristiani della Gallia veneravano nelle cavità delle querce, operò miracoli in favore dei ferventi pellegrini che venivano ad invocarla nel suo santuario roccioso. I pellegrini si moltiplicarono e divennero ben presto così numerosi che ai piedi del luogo santo venne costruita una città: se pure posta in una regione desolata, su un suolo ingrato e di difficile accesso, è divenuta tuttavia, grazie alla devozione dei nostri padri, una delle principali città del Quercy; ha avuto torri, consoli e uno stemma in cui tre rocce argentee erano raffigurate insieme a dei gigli d’oro, su un campo di pelle rossa.
Sopra il campanile della vecchia chiesa di Rocamadour, a un’altezza prodigiosa, sorse una cittadella destinata a proteggere il ricco santuario di Maria; quei bastioni, i cui contorni si stagliavano con fierezza tra le nuvole e che coprono oggi il terreno con le loro rovine, non riuscirono a respingere i tristi seguaci della setta di Calvino, che avrebbero attraverso l’inferno per placare la loro brama dell’oro. La cappella di Nostra Signora di Rocamadour ha ora un baluardo migliore, la sua povertà.
Nel XIV secolo i privilegi di Nostra Signora di Rocamadour erano universalmente riconosciuti che, malgrado la guerra di cui la Guienna era teatro, si poteva compiere il pellegrinaggio alla santa cappella senza correre alcun rischio. Amici e nemici rispettavano allo stesso modo l’uomo che portava sul proprio elmo o sul proprio cappuccio l’immagine di Nostra Signora di Rocamadour. Un soldato inglese che era stato catturato da quelli di Cahors venne rimesso immediatamente in libertà non appena venne riconosciuto come pellegrino a Rocamadour.
Questo pellegrinaggio era celebre anche ai tempi di Carlo Magno; il famoso cavaliere errante Orlando, nipote di questo imperatore, venne a Rocamadour nel 778. Offrì alla Vergine Maria un dono d’argento, del peso del suo bracmar (spada), e dopo la sua morte, nei pressi di Roncisvalle, questo bracmar venne portato a Rocamadour. (Si dice che la sua spada, la Durlindana, possa ancora essere vista lì).
Nell’anno 1170, secondo Roger de Hoveden, Enrico II, re d’Inghilterra e duca di Guienne, esortato da sua moglie Eleanor, venne a Nostra Signora di Rocamadour per adempiere un voto che aveva fatto alla Vergine nel corso di una lunga malattia che aveva contratto a La Motte-Gercei. Poiché le terre circostanti il Quercy non nutrivano un grande amore per gli Inglesi, il monarca insulare si circondò di un piccolo esercito per compiere questo pio viaggio. Henry lasciò dei segni della sua munificenza alla cappella di Nostra Signora e ai poveri di Rocamadour.
Nel numero degli illustri pellegrini che andarono ad onorare Maria nel suo santuario sulla montagna, annoveriamo Simon de Montfort, legato del papa; Arnauld Amalric, che fu in seguito vescovo di Narbonne; San Luigi, accompagnato dai suoi tre fratelli, dalla regina Bianca di Castiglia e da Alfonso, conte di Boulogne, che salì al trono in Portogallo; Re Carlo il Bello, Re Giovanni, Luigi XI e una moltitudine di potenti signori.
Tra gli illustri prelati che hanno visitato, in tempi diversi, la miracolosa cappella di Nostra Signora, troviamo un nome tanto caro alla lettere, all’umanità e al cattolicesimo, che non possiamo trascurare di citare. Questo nome, del quale la Francia si onora e che suscita rispetto anche dagli empi, è quella del cigno di Cambray. Devoto fin dalla nascita a Nostra Signora di Rocamadour, grazie alla sua pia madre, Fenelon venne più di una volta ad invocare, nell’interno del Quercy, Colei che aveva deposto sulle sue labbra un raggio di miele attico, e gli diede la coraggiosa saggezza che trasfuse così nobilmente nell’istruzione dei re. Due quadri, appesi come offerte votive, nel santuario di Maria, rappresentano due fasi solenni della sua esistenza. Nel primo, è ritratto appena nato mentre dorme nella sua culla; nel secondo, ormai in età giovanile, e già dottore, viene a portare in omaggio alla sua divina protettrice i primi successi del suo genio nascente. Poco distante c’è una tomba, sulla quale avrebbe pregato e pianto più tardi – quella di sua madre, che desiderò dormire il suo ultimo sonno all’ombra dell’altare di Maria, Nostra Signora di Rocamadour.
A volte non erano solo pellegrini isolati, ma città e province in massa, ad andare in pellegrinaggio a Rocamadour. Nel 1546, dice M. de Malleville, in Cronache di Quercy, il 24 giugno, giorno e festa del Santissimo Sacramento e di San Giovanni, vi fu il grande perdono di Rocamadour. L’affluenza delle persone dal regno e dagli stati stranieri era stato così grande che diverse persone, di tutte le età e di entrambi i sessi, morirono soffocate tra la folla, e un gran numero di tende erano state allestite nel paese, in ogni angolo più recondito, trasformandolo in un grande accampamento.
I doni offerti al santuario di Rocamadour sono stati tutti di grande magnificenza. Tra di essi ricordiamo la foresta di Mont-Salvy, regalata nel 1119 da Odone, Conte della Marca, alla Beata Maria di Roc-Amandour. Le terre di Fornellas e di Orbanella, offerte per il bene delle anime dei suoi parenti, da Alfonso IX, re di Castiglia e di Toledo, nel 1181.
Nell’anno 1202, Sancho VII, re di Navarra, lasciò una rendita di quarantotto pezzi d’oro per illuminare la cappella di Notre Dame, e nel 1208, Savaric, principe di Mauleon, grande capitano e famoso trovatore, regalò come elemosina pura e perpetua, alla Beata Maria di Rocamadour, la sua terra di Lisleau, con assoluta esenzione da tutte le tasse e gabelle. Papa Clemente V, nel 1314, fece un lascito alla stessa chiesa, perché vi venisse lasciato per sempre un cero acceso onorevolmente in un vaso o in un piatto d’argento, nella cappella della Beata Vergine Maria di Rocamadour, per onorare questa Beata Vergine e ottenere la liberazione della sua anima.
Sarebbe troppo lungo citare tutti i benefattori della cappella di Maria; l’intera perimetro di questa roccia benedetta risplendeva di ex-voto d’oro, di perle e di pietre preziose. Delle principesse spagnole avevano lavorato con le loro mani a dei ricchi tendaggi, e quattordici lampade di argento massiccio, le cui catene intrecciate formavano una magnifica rete, illuminavano la Vergine di Rocamadour giorno e notte.
Per un contrasto che non si trova da nessuna parte se non nel cristianesimo, l’altare della Madonna era di legno, come lo era ai tempi di Saint Amadour, e l’immagine miracolosa era una piccola statua di quercia scura, scolpita in modo rudimentale. Sulla cupola della cappella si poteva ammirare, in un campanile, chiuso da scintillanti vetrate, una piccola campana senza corda, che suonava da sola ogni volta che così piaceva alla Stella dei mari per manifestare la sua potenza in favore delle navi in grave pericolo che la invocavano nella solitudine dell’oceano.
La Vergine di Quercy era una preda troppo preziosa per sfuggire al protestantesimo. Il 3 settembre 1592, Duras prese possesso di Rocamadour. Le croci furono spezzate, le immagini sfigurate, le campane vennero fuse e il corpo di Saint Amadour, frantumato a colpi di martello, venne profanato e gettato tra le fiamme. Gli atei del 17933 posero il sigillo a queste devastazioni.
Oggi le torri della città sono nascoste tra l’erba; degli arbusti crescono sulle rovine della cittadella; delle graminacee spuntano tra le pietre sconnesse della magnifica scalinata di duecentosettantotto gradini, che porta dalla città all’arioso santuario di Maria. La mandola dei cantadours della Linguadoca non canta più i miracoli di Nostra Signora di Rocamadour, e il vento notturno da solo fischia in quella cappella antica, dove l’organo è stato rimosso per motivi di ordine economico. La Beata Vergine di Rocamadour potrebbe ora essere chiamata la Vergine delle Rovine, eppure continua a operare miracoli nel suo oratorio devastato.
- La Vierge, histoire de la mère de Dieu, Paris 1836
- L’identificazione tra Zaccheo e saint Amadour è stata fatta da papa Martino V in una bolla del 1417
- I rivoluzionari del brumaio 1793 avevano proclamato l’ateismo religione di Stato: la basilica di Notre-Dame di Parigi venne sconsacrata e nominata tempio di Notre-Dame de la Raison