Il Real Camino e le sue montagne

Immagine correlatadi Maurizio Minchella

La montagna, in ogni epoca e da ogni espressione religiosa, è stata ritenuta elemento privilegiato al fine di disporre il cuore umano al sacro e alla trascendenza. Le vette sono i luoghi nei quali si può contemplare con occhio puro il cielo, l’attrattiva di maggior peso sepolta nel cuore di ogni uomo: Padre nostro che sei nei cieli, comincia la preghiera insegnataci da Gesù. La montagna,  attraverso il suo simbolismo, dato dalla forza, dalla potenza, dalla bellezza e dalla sua natura invincibile, è sollievo e speranza per l’uomo consapevole della propria limitatezza e caducità, che in essa intravede uno squarcio di eternità. In poche parti del creato si rivela tanto splendidamente quanto nell’alta montagna, la potenza, la maestà, la bellezza di Dio. (Pio XI). E’ lontano dai rumori del mondo, dall’orizzonte limitato delle pianure, dei villaggi e delle città che l’uomo può alzarsi, elevarsi e contemplare la maestà del creato e con ciò ascoltare la voce del Creatore. 

La Bibbia colloca i momenti centrali della storia della salvezza sulle alture. La città santa per eccellenza, è posta su un alto e fiero monte, e cinta da solide mura, ed è qui che viene custodito il Sancta sanctorum, l’Arca dell’Alleanza. E’ sul monte Sion che Abramo si appresta al sacrificio del figlio Isacco. Sull’Ararat Noè abbandona l’Arca al termine del diluvio, sul monte Nebo Mosè vedrà la Terra promessa, senza poterla raggiungere, e verrà rapito in cielo. Nel Nuovo Testamento Gesù raduna i discepoli sulle alture quando deve ammaestrare insegnamenti importanti: sul monte delle Beatitudini pronuncia il discorso della montagna, sul Tabor avviene la Trasfigurazione, sul Monte delle tentazioni digiuna 40 giorni e vince le insidie del demonio, sul monte degli Ulivi avrà dimora quasi fissa ed insegnerà il Padre nostro, ed è sul Calvario che avrà termine la Sua dolorosa Passione, solo per fare alcuni esempi.

Le stesse chiese e gli altari sono rialzati da terra grazie ad almeno tre gradini, a significare il distacco dalla vita terrena, l’elevazione o l’ascesi che si convengono ad un luogo sacro per eccellenza. A questa dinamica religiosa non sfugge nemmeno il pellegrinaggio a Santiago di Compostela. Sul Cammino Francès, quello più importante e significativo tra le vie che conducono alla tomba dell’Apostolo Giacomo, le montagne non sono numerose, ma estremamente significative, e ci danno il senso e la memoria di quanto il pellegrino va compiendo nel suo lungo viaggio verso Compostela.

Partendo da Ostabat, dove convergono le quattro vie di pellegrinaggio che solcano il territorio francese, si arriva in un solo giorno ai piedi dei Pirenei, a Saint-Jean-Pied-de-Port, dove comincia la salita verso il colle Lepoder, e quindi a quello di Ibañeta. E’ su queste cime che è nato il pellegrinaggio a Santiago; è qui infatti che a Carlomagno appare in sogno l’Apostolo Giacomo, il quale gli indica la Via Lattea, al termine della quale si trova il suo sarcofago, che all’epoca non era ancora stato ritrovato. Siamo nei primi anni dell’800, come riferito nel IV libro del Codex Calixtinus, quando avviene questo sogno. L’eremita Pelagio vedrà le stelle chinarsi verso la tomba di san Giacomo pochi decenni dopo, nel Campus Stellae, dove sorge l’attuale Santiago di Compostela. Nel sogno in questione all’Imperatore cristiano viene chiesto di liberare le terre sulle quali è posto l’attuale Camino francès dal dominio musulmano, affinché tutti i popoli, e in ogni tempo, possano rendersi in pellegrinaggio alla sua tomba. Avrà così avvio la lunga Reconquista, che terminerà nel fatidico 1492durante la quale il pellegrinaggio fiorirà, non solo per l’impressionante numero di persone che percorreranno le vie che portano da ogni angolo della Cristianità a Compostela, ma soprattutto sbocceranno numerosi i germogli di una nuova cultura e di una nuova civiltà, sorta come incarnazione del messaggio evangelico, segno della bellezza e della verità, espresse in tutte le arti, nelle istituzioni sociali e in quelle politiche.

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E’ sul colle di Ibaneta che muore, nell’agguato ordito dall’infido paladino Gano di Magonza, Orlando, il paladino amato da Carlo come un figlio. Il tradimento che si consumò tra le gole dei Pirenei ha commosso fino ai giorni nostri tutti i popoli cristiani. I primi a conoscere questa vicenda furono i pellegrini e i viandanti in transito sui luoghi nei quali si svolse la battaglia, e da essi veniva riportata nei loro paesi di origine attraverso le mille chanson de geste, nelle quali si cantava la disfatta di Roncisvalle e l’amara sorte di Orlando, delle quali le Chanson de Roland rimane il capolavoro indiscusso.

Proseguendo il cammino, attraversata Pamplona, il pellegrino si imbatte nelle breve ma ripida ascesa dell’Alto del Perdon. Il nome indica un’antica perdonanza, quella bidea, che muoveva le genti basche al santuario di santa Maria Erraniega, del quale si sono perse le ultime vestigia nel secolo scorso. E’ su questa sommità che avviene il miracolo della Fonte Raniega, che racconta di un pellegrino arso dalla sete, che viene tentato dal diavolo tre volte, con la richiesta di rinnegare prima Dio, quindi la Vergine Maria ed infine l’Apostolo Santiago, in cambio di abbondante acqua fresca. Il triplice rifiuto del pellegrino fece sì che il diavolo sparisse in una nuvola di zolfo, e che sgorgasse miracolosamente una fonte nel medesimo luogo.

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I Montes de Oja, che si elevano nella parte orientale della Castiglia, videro all’opera i due grandi santi pellegrini, san Juan de Ortega e santo Domingo de la Calzada, che da soli costruirono ponti, strade e soprattutto il maestoso monastero che dal primo santo ha preso il nome, con annesso l’antico e famoso hospital per pellegrini, ricordato anche per il miracolo equinoziale, del tutto simile a quello che si produce a Santa Marta de Tera, durante il quale i raggi del sole colpiscono al tramonto il ventre della statua della Vergine Maria, posta nella parte superiore di un capitello. 

Superata Burgos, ha inizio la Meseta, il lungo deserto che attraversa la Castiglia per terminare a Leon. Il vasto altipiano ha una sola breve ma intensa asperità, l’alto de Mostelares, il cui nome evoca il dispiegamento di stelle che accompagna le sue notti. Qui il firmamento sembra realmente parte del nostro orizzonte, fino a perdersi nella fonte del Piojo e nell’ermita di san Nicolas, che sembrano non conoscere mai di fatto la totale oscurità, anche nelle notti più buie.  

Dopo Astorga il cammino comincia a risalire, fino a portare il pellegrino ad un punto emblematico del Cammino stesso, la Cruz de Hierro, che è anche il luogo più alto di tutto il Real camino. Qui, a 1.500 metri sul livello del mare, si staglia una croce di ferro posta in cima ad un palo di quercia alto 5 metri. Alla base della croce i pellegrini da sempre usano posare un sasso, come segno di desiderio di conversione. La pietra rappresenta il peccato e il pellegrino prima di giungere a questo sito si premura di cercarne una adeguata alla consistenza della propria colpa. Al gesto si accompagna questa preghiera: O Signore, questa pietra, simbolo delle fatiche del mio pellegrinaggio, che depongo ai piedi della croce del Salvatore, faccia pendere la bilancia in mio favore quando la mia anima sarà giudicata. Questo gesto esemplifica in modo plastico l’ineludibilità della condizione umana, della quale il pellegrino ne è l’archetipo più credibile, che può essere innalzata e redenta solo dalla grazia santificante.

Risultati immagini per cebreiroDopo la ripida discesa fino a Ponferrada e dopo aver lasciato Villafranca del Bierzo e la sua chiesa del Perdon, l’ascesa all’alto do Cebreiro segna l’ingresso in Galizia. E’ un momento di conforto sapere, al termine dell’aspra salita, che la meta è ora davvero vicina, e la gioia è amplificata dal miracolo che la chiesetta in cima alla montagna custodisce. Nella cappella di destra è posta una copia del calice che vide l’Ostia consacrata mutarsi realmente nella carne e nel sangue di Cristo, in risposta all’incredulità del celebrante che dentro di sé sbeffeggiò un pastore, giunto in chiesa al momento dell’elevazione dopo aver sfidato coraggiosamente una tormenta di neve, rischiando di trovare la morte, per assistere alla S. Messa. Molto spesso anche i pellegrini vivono la loro esperienza come una sorta di gioco d’evasione, come una piacevole routine, che appaga la vista e libera la mente dalle tensioni quotidiane, quasi fosse un analgesico che lenisce i sintomi del male temporaneamente, senza poterne però curare le cause profonde. Ma capita anche a volte che l’incredulità circa la reale natura del pellegrinaggio venga vinta da avvenimenti anche apparentemente insignificanti, che mostrano la reale natura dell’opera che si sta compiendo, nella quale si manifesta inequivocabilmente il volto di Colui che il pellegrino, sia pur molto spesso inconsapevolmente, sta cercando.

Superati anche l’alto di san Roque e l’alto del Poyo, la discesa a Triacastela mostra al pellegrino un orizzonte privo di catene montagnose ed un paesaggio che declina lentamente verso il mare. Superati i molti brevi saliscendi che ricamano l’ondulata terra di Galizia, l’ultimo ostacolo che separa il pellegrino dall’agognata meta è il monte del Gozo, il monte della gioia, dalla cui sommità può finalmente contemplare le guglie della cattedrale che custodisce le ossa di san Giacomo. 

Risultati immagini per monte do gozoQui la visione della città sottostante si fa quasi estatica; il pellegrino ha la certezza che la buona battaglia è stata compiuta, che tutto quanto sembrava impossibile è stato realizzato. Ma sa anche che il merito è in minima parte suo; sa che si porterà dentro un segreto inesprimibile ascoltato e appreso sulle vette e maturato come un seme nelle discese e nelle vaste pianure successive. Un segreto che può rivelarsi solo quando il pellegrino rimane tale anche quando torna al suo villaggio, alla sua casa.  Un segreto che ha ormai un nome, una forma e una sostanza. Un segreto prezioso come una perla, modellato dal soffio dei venti, e che assume i colori intensi e indelebili che solo sulle cime si possono cogliere, come fiori maturi.

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