di Gregorio di Zaragoza Una delle tante storie realmente accadute a san Nicolas de Puente Fitero1
Luce nel Cammino
A Victoria
La luce ha preso forma,
contesto.
Il pensiero è diventato carattere, fermezza.
La fede è stata il tuo cammino,
il tuo incontro.
La vita emana, ti sgorga
dentro.
Pellegrina che rimane
al suo posto.
Pellegrina di quiete,
che avanza senza passi.
Victoria, che hai vinto la paura
e il mondo.
Con l’affetto di un pellegrino
condannato a tornare.
Vittoria, la devozione
Da un punto di vista razionalista, mi vedo costretto a raccontare questa storia con le riserve che la mente oppone a quelle cose che non possiamo controllare, misurare, calcolare.
È necessario che mi presenti, rispecchiando in queste pagine qualche aspetto del mio carattere, in modo che sia comprenda un po’ meglio l’impatto che hanno causato in me il Cammino e quanto vi sto per raccontare. Sono un uomo curioso di quasi 50 anni che ama molto profondamente il Cammino de Santiago. Inizialmente cerco la pace interiore e quel grado di umiltà che conferisce una vita intrepida, con poche cose materiali, nella quale si ha la necessità di chiedere quasi tutto ciò che ci è necessario. A scanso di equivoci, non confondo il sacrificio personale con il masochismo, tanto meno cerco l’umiliazione che mi illumina, che mi può dare la risposta. Semplicemente, cammino, passo in rassegna la mia vita, i miei amici, il mio lavoro, la mia famiglia… sì dai, il posto che occupo in questo mondo e cerco di relazionarmi, di migliorare e correggere gli obiettivi e cercarne di nuovi, di affermare i valori umani che muovono la mia persona. Raccolgo le forze.
Ogni volta che ho iniziato il Cammino ho avuto la necessità di individuare una frase che potesse riassumere ciò che mi avrebbe maggiormente colpito. Talvolta questa frase è nata prima ancora di cominciare a muovere i miei passi, quasi fosse una giustificazione per dare un senso al lungo cammino: Figlio, questo è il cammino, oppure Segui l’orma interiore, quella che rimane. A volte la frase l’avevo raccolta da qualche altro pellegrino. No, non è il cammino, è andare avanti, ci diceva Marc, di quasi settant’anni, o quell’altra, Sì, ci sono già stato, ed ho abbracciato il Santo! con la quale Edmond ribadiva la sua natura di pellegrino, nonostante abbia percorso il Cammino lamentandosi a male parole del cibo e alla ricerca di una compagnia femminile a tutti i costi.
Quest’anno ho cominciato il Cammino con scarso impeto, ed avendo come emblema una frase imbarazzante che affermava solo il mio desiderio di ritornare ancora prima di partire: Il pellegrino ha lasciato casa, famiglia, lavoro, comodità, sicurezza… e tante altre cose, per poi tornare, al termine, da loro. Però è così, perché è un pellegrino solo colui che una volta giunto a Santiago, ha un posto nel quale tornare; colui che avrebbe potuto scegliere di rimanere, e nonostante ciò, è partito.
Ed è dalla mia necessità di tornare a casa che la mia storia si intreccia con quella di Victoria. Una persona fatta di luce e di amore, che ha saputo vincere la routine e la paura che procura all’uomo occidentale il vivere con poche cose materiali, e che è rimasta a vivere sul Cammino di Santiago.
Victoria, dal nome premonitore, che mi ha fatto involontariamente cambiare il mio motto di quest’anno sino a farmi dire con la massima convinzione che, terminato il Cammino, non è necessario ritornare alla vita precedente.
Non ce ne è bisogno, ma voglio descrivere Victoria per fermare qualsiasi pensiero o insinuazione che possa confondere le mie vere emozioni con passioni ed emozioni meno spirituali. L’ho vista solo poche ore, e di primo acchito Victoria mi è parsa una donna… certamente giovane, non molto alta, dal petto ampio e con un sorriso e una luce negli occhi che sconcerta tutti noi che viviamo nella penombra, per non dire nel buio dell’ignoranza.
Ho saputo di Victoria attraverso la pubblicità corporativa che me ne fece Pablo, di Nájera, che dimostrava solamente la totale mancanza di conoscenza che aveva della sua personalità, una ragazza molto limpida e carina, invece di definirla semplicemente un angelo.
Devo confessare che se inizialmente ho avuto interesse ad avere un rapporto cordiale con Victoria, ciò era dettato, in linea di principio, da quell’egoismo che credo sia comune a tutti i pellegrini che camminano da soli, ovvero la possibilità di poter parlare con qualcuno e se possibile, di ricevere aiuto nei bisogni più basilari, come un po’ di acqua, un letto, una coperta, qualche informazione su come approvvigionarsi o sul percorso, qualche aiuto per i piedi mortificati, e così via discorrendo; in questo caso le cose non andarono diversamente. Cambiai quasi immediatamente atteggiamento, e dopo un formale come è che ti trovi in questo posto, ho ascoltato con attenzione la semplice storia di questa donna che mi ha fatto cambiare il mio modo di pensare fino a farmi affermare oggi che non è sempre necessario tornare alla tua vita precedente, e che talvolta è altrettanto sano fermarsi, uscire dal cerchio che ci fa orbitare in spazi concreti, noti, familiari e facili.
La sua storia ha avuto inizio con l’invito a visitare una piccola mostra dei suoi dipinti, che ha presentato in una sala del municipio, e dopo averla visitata, insieme alla sua personale spiegazione del motivo di quella pittura profonda, compulsiva, semplice, quasi infantile, proseguì arrivando al nocciolo di questa storia.
Non importa l’anno ma il mese sì. Siamo ad agosto, intorno a San Lorenzo, quando la Via Lattea è inondata di stelle cadenti, e uno zampillo di luce esplode come una mascleta2 luminosa. Ed è qui che, temporalmente e spiritualmente ho incontrato Victoria, insieme ad un’altra donna e a due uomini, i suoi tre amici. Stanno facendo anche loro il Cammino di Santiago.
A questo punto devo solo specificare l’ora, il luogo del Cammino e le circostanze in cui la luce fece sì che la sua vita cambiasse per sempre, e per sempre anche la mia visione della vita. Dopo dodici o tredici tappe di circa trenta chilometri ci troviamo quasi al termine della provincia di Burgos, proprio al confine con Palencia, dove avrà inizio la storia che sto per raccontarvi, ma siamo ancora a Burgos.
Sono le nove di sera del dieci, undici o dodici agosto, e il gruppo si avvicina alla fine prevista della tappa a Itero de la Vega, ma poiché come tutti voi ben sapete, essendo il Cammino saturo di pellegrini e quindi a volte con scarsa possibilità di soggiornare negli hospitales, nessuno avrebbe trovato nulla da ridire se avessero trovato un luogo dove fermarsi per la notte, senza preoccuparsi più di tanto se più o meno vicino al luogo nel quale si trovavano, e Itero del Castillo ed anche Boadilla non sarebbero stati affatto male. È tardi, ma c’è ancora un po’ di luce e anche se non vi è ancora la luna piena, la Via Lattea renderà facile il camminare lungo un percorso prevedibile, piano e quasi retto. Stanno parlando di quanto accade sul Cammino e si stanno raccontando alcune esperienze. Ovviamente ricordano i momenti passati negli hospitales e il trattamento fraterno degli ospitalieri; è ben difficile dimenticare tanto affetto e dedizione ricevuti sul Cammino.
Parlarono quindi della pioggia di stelle che, alle due del mattino, si sarebbe vista in tutto il suo splendore.
I commenti si fecero via via più profondi man mano che la stanchezza, la freschezza della notte e la sana confidenza tra amici, fecero sì che i pensieri si volgessero alla vita interiore, ai desideri e alle speranze, al presente ed al futuro, fino a pensare che in notti come queste, può succedere davvero qualcosa nella tua vita o quanto meno che vi siano tutti i presupposti perché QUALCOSA possa davvero accadere.
E qualcosa che sarà realmente cruciale per le decisioni successive accadrà.
Prima di giungere al bellissimo ponte medievale sopra il fiume Pisuerga, a sinistra della strada, si erge umile e incrollabile una piccola ermita romanica in un sito che dal XII secolo è diventato un hospital per i pellegrini, inizialmente come monastero cistercense e che in seguito venne affidato ad una Confraternita di ospedalieri. Questo eremo, per quanto ne sapevamo era chiuso, senza rendere il culto a San Nicola, il suo santo titolare, quando i nostri amici si stavano avvicinando alle sue mura, passandole il Cammino accanto. In quel preciso momento la porta si apre e la luce interna fa intravedere una persona della quale si percepisce solo il suo contrasto scuro e la sua voce sonora che dice loro:
PELLEGRINI, SIATE I BENVENUTI. VI STAVAMO ASPETTANDO.
Questa frase, che ai pellegrini stanchi e bisognosi di conforto suona come musica celestiale, questo preludio al trattamento fraterno e comprensivo, questa accoglienza che usano solo i veri ospitalieri, provenivano da una persona anonima e in un luogo assolutamente inaspettato.
Ma è vero che erano attesi, o almeno questo era confermato dal fatto che all’interno dell’ermita vi erano quattro persone che avevano preparato la cena e il tavolo per otto e in questo non vi vedevano nulla di magico o di misterioso; anzi, sembrava tutto logico e naturale, dal momento che vi era posto per otto persone e la cena era stata preparata per otto persone. Sono arrivati in quattro, più quattro che erano all’interno fanno otto. Che cosa c’è di strano? Niente, tutto razionale, misurato, non vi era nulla di sorprendente, tutto combaciava, come lo Yin e lo Yang, come la luce e l’ombra, e dopo pochi istanti si trovavano a cena con quattro persone sconosciute, che li stavano aspettando in un posto inatteso e opportuno, in una notte di luce, di esplosione di luce, in una notte d’estate misteriosa e calda.
La conversazione spaziò dai luoghi più o meno importanti, al tempo, al percorso, alle informazioni sulle prossime località e sulle persone, agli albergues, agli ospitalieri, agli angeli, alle energie cosmiche e a quelle cose delle quali parlano i pellegrini e che qualsiasi altro essere razionale considererebbe assurde, in un altro luogo o circostanza. Naturalmente, prima di andare a dormire, ingegnarono una strategia in modo tale che verso le due di mattina, il momento migliore, uno dei quattro si sarebbe svegliato per avvertire gli altri qualora la Via Lattea avesse visto l’esplosione delle stelle cadenti, il fuoco del Cammino. La conversazione volge al termine.
Nella stanza rettangolare, oltre al tavolo, alle panche, al fornello e ai quattro letti a castello, non vi era altra decorazione se non una croce di legno piccola, personale e rustica, molto semplice; sembrava che qualcuno l’avesse accidentalmente dimenticata su quel muro nudo, e sotto di lei, vi era una piccola e ancora più umile candela, che nessuno sa chi l’abbia accesa, e che nessuno aveva intenzione di spegnere.
Qualcuno recitò una preghiera che finiva così: Ultreia e Suseia, Deus adjuva nos… Dopo essersi accordati su chi si sarebbe svegliato andarono a letto.
Senza essere in grado di sapere esattamente a che ora, Victoria nota che qualcuno le tocca la spalla con l’intenzione di svegliarla. Non è ancora in condizione di rispondere prontamente a quel richiamo, quando riceve un nuovo colpo sulla spalla che la fa svegliare quasi del tutto, e con un tono un po’ irritato mormora: Dai, dai, non finiranno subito le stelle. Si siede sul bordo del letto e si guarda intorno e non vede nessuno. Non c’è nessuno! È vero che ci sono le altre sette persone nei loro letti, ma dormono, e al suo fianco non c’è nessuno. NESSUNO MI CHIAMA! … NESSUNO? Quando si rende conto che può vedere la stanza grazie alla luce della candela, i suoi occhi si rivolgono verso il crocifisso illuminato, avverte un profondo disagio e dentro di sé giunge subitanea la domanda: CHIAMI ME? COSA VUOI CHE IO FACCIA?
Potreste pensare che la storia sia giunta al termine, che vi ho raccontato tutto ciò per rivelarvi un segreto, o per disilludervi, ma nessuno ha mai udito la risposta, nessuno ha risposto, anche se è certo che in quel preciso momento la flebile luce si spense, come se l’offerta implicita nella domanda fosse stata accettata. Victoria cercò di calmarsi un po’ e tornò subito a coricarsi come esausta, ma da quel momento nulla sarebbe stato simile a prima: lei si era offerta ed era stata accettata. Nel momento stesso in cui venne posta la domanda, la sua vita era già cambiata, anche se ancora non sapeva come.
Per trovare la luce nella sua vita non ci fu bisogno delle stelle cadenti, né di prodigi luminosi, né di risposte rivelatrici; fu sufficiente la fiamma di una fragile e minuscola candela.
Ma ancora tutto è razionale, tutto si incastra alla perfezione: la stanchezza, la notte misteriosa, la croce illuminata, la predisposizione al mistero accompagnata da un alito di vento appropriato, ed un oggetto conveniente al luogo strapparono ad una persona predisposta una domanda ampia, con mille possibili risposte, e con una sola risposta evidente sospesa nell’aria: Aspetta. La domanda sollevata non era pressante, non si riferiva a quel momento topico, ma alla sua vita successiva e pertanto nemmeno la risposta fu imperativa: aspetta, rilassati, pensaci un po’. Sei sul Cammino, ti hanno accolto e offerto quello che avevano delle persone che non conosci. Che cosa ci si può aspettare adesso da te?
Coloro che sono rimasti incuriositi da questa storia si sentiranno forse delusi perché non ho toccato il tasto degli elementi magici e misteriosi che sembrano esservi presenti. Anche alcuni miei amici la pensano allo stesso modo e mi hanno offerto dei finali più interessanti, del tipo: Gli ospitalieri erano gli angeli custodi dei pellegrini che si fermavano lì o anche Sotto la luce delle stelle cadenti che entrava dal rosone dell’ermita si udì una voce che diceva: Sono Io, ascolta! ed anche questo finale poteva essere appropriato: La luce della candela aspirava la luce interiore di Victoria fino a formare una corrente mistica cielo/terra che illumina i cuori di coloro che passano per questa ermita e vi sostano per pregare. La storia sarebbe potuta durare più a lungo, ma chiunque conosca Victoria o abbia fatto il Cammino, saprà che tutto questo armamentario è eccessivo e fuori luogo.
La risposta stava per sbocciare, rivelandosi nel tempo, ma ancora non smette di stupirmi e di sorprendere le persone normali. A poco a poco la necessità di assistere i pellegrini stava sostituendo quella di tornare sul Cammino, quella di rimanere stabile in un luogo prevaleva su quella di riprendere a camminare. Chiese a Castrojeriz e a Grañón e in altri luoghi come fare per diventare ospitaliera volontaria, e provò a farlo in diversi albergues, e comprese che questo era ciò che realmente stava cercando, che questo era quello che ci si aspettava da lei, senza dubbio alcuno.
Dal mese di aprile, a pochi chilometri da Burgos, vi è un nuovo piccolo albergue gestito da una donna di luce giunta lì in cerca di un luogo umile nel quale vivere al servizio del pellegrino. Victoria è diventata una pellegrina senza passi, pellegrina di quiete, un angelo del Cammino. Non ebbe bisogno di tornare alle sue incombenze precedenti per essere una pellegrina; non sempre si deve tornare, a volte la decisione giusta è quella di fermarsi, di accettare una nuova vita indotti da una piccola luce che risponde alle domande:
– Tu mi chiami? Che cosa posso mai fare io?
– Prenditi cura di Me.
E quando Victoria cominciò a domandarsi in che modo avrebbe potuto assolvere a questo compito, e… questo sì è davvero straordinario, lasciò la sua casa, il suo lavoro, la sua famiglia e prese dimora in un albergue per servire i pellegrini, perché si ricordò che Lui ha detto:
Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero nudo e mi avete vestito, ero malato e mi avete visitato…tutto quello che avete fatto a uno solo di coloro che sono entrati nell’hospital, l’avete fatto a me.
1) San Nicolas de Puente Fitero, hospital della Confraternita di san Jacopo di Compostela, posto sul Camino Francés.
2) La Mascletà consiste in una successione di esplosioni controllate di fuochi d’artificio, con il fine di creare una cadenza, un ritmo, che va aumentando con il trascorrere del tempo